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Aggiornato: 4 maggio 2025
Egli era il signore, il babbo e il nababbo di quelle donne e di quei bambini. Si sarebbe detto, a vederlo, che il pover'uomo, rannicchiandosi nella sua sedia, cercasse di rimpicciolire la sua dignit
Eugenio che finalmente respirava, ricevette con compunzione le due benedizioni, storpiò un'altra volta il confiteor, e se ne uscì col suo tesoro nel pugno, più ricco di Creso e di Nababbo. Egli ci raccontò quest'avventura scherzando, e noi stessi ne ridemmo di cuore; anche ora pensandoci io ne sorrido.
Pure non una di queste monete così famigliari oramai all'intelletto di Eugenio era uscita dalle saccoccie di Nababbo o di Creso a confortare colla riconoscenza la paziente meditazione del povero artista.
Il primo di questi era per un marchese, il secondo per un droghiere, il terzo per un macchinista della ferrovia. Preferii quest'ultimo: piccato ad osservare, volevo conoscere intimamente i sentimenti del popolo e di più provavo il bisogno di ritemprar la mia anima in una atmosfera serena, in quella calma che sempre si trova nel tugurio del povero, quasi mai nella dorata magione del ricco Nababbo.
Trascorse il primo giorno in vane fantasticherie; alla notte egli aveva passato in rassegna tutte le cose riducibili ad una lira. Una lira! era un poema, e tuttavia Nababbo e Creso ne avevano avuto assai più; e se n'erano vissuti senza comprenderne l'importanza; e certamente nessuno mai poteva vantarsi d'averne analizzato così a fondo le virtù.
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