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Taci, non dirlo.... sappi che forse vivremo.... allora io te la farò conoscere.... chi sa che adesso non ci preghi la pace, non ci guardi dall'alto, non pianga sopra di noi, se gl'immortali piangono!... tu la conoscerai in Paradiso.... adesso non aggiungerne parola.... terrei per maledetto il cielo sotto il quale fosse raccontato quel mistero di perfidia, e quasi tengo per avvilito me stesso per averlo, ahi! troppo acerbamente, conosciuto

CANTO DUODECIMO Pag. 281 Lucifero giunge in Roma. La breccia di Porta Pia. La festa del Colossèo; durante la quale ascolta l'Eroe alcune voci misteriose. Voce di Ebrei. Voce di Numi. Voce di Sacerdoti. Voce di Santi. Voce di Diavoli. Voce del Tevere. Voce della Savoia. Voce della Corsica. Voce dell'Istria. Voce di popoli slavi. Voce della Germania. Spavento dei beati alla nuova che Lucifero è in Roma. Santa Caterina da Siena, rimproverandoli acerbamente, si offre di scendere in terra e di piegare con la sua eloquenza il nemico. Iddio, benchè dubbioso del buon successo, glielo accorda; e, mentre ella si dispone a partire, Santa Teresa d

Al Moscati acerbamente dolse la petulanza del Luciani: tuttavolta, sentendo mettere in dubbio la sua fede, imperciocchè in quei tempi credere nelle streghe fosse articolo di fede, come colui che piissimo uomo era si scosse, e domandò risoluto al Luciani: Signor Auditore, e per qual causa dubitate voi che io non creda alle fattucchierie? Io ci credo benissimo; ma qui non parmi che cada il caso.

Certe volte, quando un nuovo pensiero lo toglieva alle dolorose memorie, egli tremava perchè il pensiero nuovo era senza fine più grave. Dinanzi all'evidenza egli aveva dovuto riconoscere il proprio torto, ammettere l'ingiustizia delle proprie accuse, convenire che solo l'odio glie le aveva suggerite. Dinanzi alla prova palese egli dava ragione al severo giudizio del magistrato, sentiva d'avere anch'egli contribuito alla morte dell'infelice; e il rimorso che un tempo gli era parso atroce, ora quasi gli parea lieve. Egli non solamente non tentava di scagionarsi, ma insisteva con una specie di cupa efficacia nel confessare l'errore, s'incolpava acerbamente, accresceva il peso della propria responsabilit

Come si poteva ingollar leccornie a quel modo, quando , a pochi passi di distanza, un poverino, lavorando nella fabbrica che dava la ricchezza a la casa, soffriva forse acerbamente, forse anche lottava con la morte?

Anche la mamma la guardò con un senso di sollievo, perchè aveva temuto che Loredana soffrisse acerbamente. Loredana rideva, senza ostentazione, trovando nuova cagione d'allegria e di risa nell'aspetto stralunato della signora, alla quale traballava la punta del naso lunghissimo sotto l'impressione della maraviglia.

CINTIA. Su su, alle mani, non piú tardare, fammi morire, ché non potrai cosí mortalmente ferir questo corpo che non abbi piú acerbamente feritomi nell'anima. ERASTO. Tu vieni a disfidarmi molto disarmato e con molto poca arte di scrima.

Se non che a pena ottennero licenza d’uscire libere s’inimicarono acerbamente; ciò poteva non accadere per la conformit

D'Angalone, acerbamente sopportando la rampogna al cospetto di tanti suoi compagni di armi, soggiunse: non sapere nulla di quanto diceva, mai avere consigliato Manfredi se non a imprese generose; sarebbe stato un tradirlo dove lo avesse trattenuto da soccorrere San Germano; che, salva sua grazia, l'Amira faceva errore.

LECCARDO. Voi dite «amen» come fosse al fine e non sète ancora al principio. DON FLAMINIO. Spediscimi, per amor di Dio! LECCARDO. Sei bello e spedito. Carizia è maritata con un parente del viceré della provincia. DON FLAMINIO. Se tu dici da senno, m'uccidi; se da burla, dove ci va la vita mi ferisci troppo acerbamente. Sai tu il nome del marito?