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Signor nel cui divino alto valore tanto si gloria l'una Gallia altera, e l'altra tutta mesta e afflitta spera por fin a l'aspro suo grave dolore, poscia che voi tornando, il suo splendore torna e fa bella Roma: ecco la sparsa chioma, ella v'accoglie lieta, e manda fore, voci gioconde a asciuga gli occhi molli, e Tornon grida 'l Tebro e i sette colli.

Gloria brillò sul Tebro incomparata; Ma i gagliardi imperanti all'universo D'onor si dispogliaro, E dier lo scettro a destre parricide: La immensa monarchia fu lacerata, E da' suoi prodi eserciti converso Contro agli Augusti suoi venne l'acciaro, E più stolto di pria l'orbe si vide: Gara di colti e rozzi Furon morte, perfidia e gaudii sozzi.

Or fra molti altri uscìo del chiaro sangue un gran pastor, che di purpuree bende ornato il crine e la sacrata fronte, com'amor volle, un giorno per le rive del vago Tebro errando, a gli occhi suoi corse l'aspetto grazioso e novo de la bella IOLE. Questa tra le sponde nata del Re de' fiumi, ove si parte l'acqua del suo gran fiume in molti fiumi, avea cangiato 'l Po coi sette poggi: e di questa 'l pastor, di ch'io ragiono, caldo di dolce amore fe' 'l grande acquisto di lei, ch'or m'arde il cor d'eterno amore.

Tu con fredde paure in van sospetti mi tenesti gran tempo, mentre ch'io lei per Tirrenia e per ninfa del Tebro amai languendo, ardendo e lacrimando.

Quest'è la vaga pastorella, ch'ebbe fra i più degni pastor del Tebro il vanto; del cui partir restar afflitti e mesti; e poi che per voi sol non le rincrebbe lasciar le rive ove fu in pregio tanto, siate a cantarla e a riverirla presti. Di Simone Dalla Volta

Vista ha 'l gran Po, veduta ha 'l chiaro Tebro, vede 'l bel Arno, a cui sovente parlo quel che mi detta l'amoroso tarlo cantar la donna, ch'io sempre celebro; ma se colui seguiano e sassi e sterpi, questa ogni alma più dura e più silvestra trae dal grave suo incarco, e al ciel la scorge. Beata voce, che dal cor mi sterpi ogni vil cura, onde per te s'addestra l'alma a salir ove per non sorge.

Olimpio si salvò per la scala del giardino; Marzio uscì dal palazzo montato sul cavallo storno, portando su le groppe di quello avvoltolato il mantello scarlatto trinato di oro. Acque del Tebro, a voi sola è rimasta La grandezza di Roma. ANFOSSI, Beatrice Cènci. Fu di Romolo la gente Che il tridente Di Nettuno in man gli porse. Ebbe allor del mar lo impero, Ed altero Trionfando il mondo corse.

Gloria sorrise a' Vandali ed a' Goti, Ma fu gloria di spirti usi a furore: Distrussero un Impero Che ad un sol giogo i popoli astringea, E ferrei gioghi imposero a' nepoti: De' vizi inorridirono al fetore, Onde il Tebro appestava il mondo intero; Ma gentilezza insiem credetter rea, E contro a lei pugnando Disonor

E spero ancor, seguendo ognor vostr'orme, essere appresso Dio 'l secondo poi, se 'l bello a trarre il bello sempre ha forza. Di Ercole Bentivoglio Poi che lasciando i sette colli e l'acque del Tebro oscure e le campagne meste, d'illustrar queste piagge e premer queste rive del Po col piè Tullia vi piacque;

SCI. E tanti mari, E tanti fiumi e tante selve, e tante Vastissime provincie, opposti regni, Popoli differenti? E il Tebro? e Roma?... EMI. Tutto è chiuso in quel punto. SCI. Ah padre amato, Che picciolo, che vano, Che misero teatro ha il fasto umano!