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Ed ella pensò lungamente a Gesù che entrava in Gerusalemme cavalcando un’asina, mentre i popoli stendevano su la sua via le vesti e spargevano fronde. Nella stanza l’erbe di timo odoravano su da un vaso di terra. La testuggine veniva talvolta alla cucitrice e le tentava con la bocca il lembo delle tele o le morsicchiava il cuoio sporgente delle scarpe.

Ne la queta foresta, entro il pacifico Nido, l’augel s’appressa a la compagna, E s’addorme così... spira un alito Per la brulla campagna: Solo a le basse, immensurate nebbie Rabbrividendo il vizzo ultimo fiore, Sovra l’erbe, in un bacio, il roseo calice Piega

ma di quest’ acqua convien che tu bei prima che tanta sete in te si sazi»: così mi disse il sol de li occhi miei. Anche soggiunse: «Il fiume e li topazi ch’entrano ed escono e ’l rider de l’erbe son di lor vero umbriferi prefazi. Non che da sian queste cose acerbe; ma è difetto da la parte tua, che non hai viste ancor tanto superbe».

La neve sull’alta alpe è di ogni stagione. Ma l’estate, la terra tutta calda di vita germinativa la respinge; i fiocchi radi e leggieri svolazzano a lungo per l’aria aggirati dal vento e sfiorato appena il sommo delle erbe, si squagliano e svaniscono, come le monachine quando vanno a letto. Tuttavia la gente del luogo li guarda con tristezza temendo che un capriccio di stagione non li insaldi durevolmente alla terra. Quando il terreno dura bianco per lo spazio di due giorni c’è da temere che non imbruni più. Allora l’estate precipita di colpo nell’inverno che la neve precoce fa presagire rigidissimo. Lassù l’anno ha due sole stagioni: le estreme. Come in Giugno l’ultima crosta di neve cova l’erbe gi

Sei la sorella de i fiori, de le libellule azzurre; de l’erbe il sommesso linguaggio comprendi, e rispondi cantando. Sento un accordo sommesso fra lo stormir de le foglie, fra i brividi lunghi de l’acque, o figlia, e il tuo gaio parlare. Forse eri un giorno la felce che a l’ombra folta verdeggia; riscioglierai forse il tuo volo, o allodola, un giorno, pei cieli.

Passano ignoti per ignote strade, fin che cessa la pioggia e il giorno appare: giungono a un piano vasto come il mare, magnifico di biade. E caste madri e giovani e vegliardi da la libera festa del lavoro tra l’erbe verdi e tra le spiche d’oro miran con dolci sguardi

ma di quest’ acqua convien che tu bei prima che tanta sete in te si sazi»: così mi disse il sol de li occhi miei. Anche soggiunse: «Il fiume e li topazi ch’entrano ed escono e ’l rider de l’erbe son di lor vero umbriferi prefazi. Non che da sian queste cose acerbe; ma è difetto da la parte tua, che non hai viste ancor tanto superbe».

Tu quasi il sol più non iscorgi, o casa bruna, nascosta in boschi senza traccia. Attinge l’acqua con antica corda al pozzo, e coglie l’erbe, e l’acciarino batte, per suscitar dentro il camino la fiamma, una schiavetta muta e sorda.