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La cronaca del tempo segnala l’epoca della pace del 1748, come l’epoca vergognosa in cui cominciò a manifestarsi, per Luigi XV, il disprezzo generale, che non fece che accrescersi ogni più.

ed è stampato nella parte quarta della raccolta del Gobbi, e nel tomo VII delle Rime degli Arcadi, come quello che era appunto nel numero degli Arcadi col nome di Armiro Cretreo. Undici furono le Oselle da questo Doge a' nobili regalate, delle quali le prime sei conservano lo stesso tipo tanto nel diritto, che nel rovescio. Nei diritti evvi l'antica impronta di san Marco, che .offre al Doge ginocchioni il patrio vessillo benedicendolo, col motto [SC[S. M. V. PETRVS. GRIMANVS. D.]SC], e sotto 1741 ed [SC[F. P.]SC], Francesco Pasqualigo il massaro, e seguenti. I rovesci altresì sono quelli stessi che si videro da molti Dogi suoi antecessori adoperati, e che poscia furono da tutti universalmente usati, cioè le parole: [SC[PETRI. GRIMANI. PRINCIPIS. MVNVS. ANNO. I.]SC] ([I[lin]I]. 3, [I[lett]I]. a). Nel settimo anno però il conio del diritto cangiossi, ponendosi in opera il simbolo del santo Evangelista, cioè il leone alato e coperto del berretto ducale, di fronte, e col libro fra le zampe aperto, su cui sta scritto [SC[P. T. M. E.]SC] cioè [I[Pax tibi Marce Evangelista]I], e nel contorno [SC[SANCTVS. MARCVS. VENETVS.]SC], e sotto il nome del massaro, che in quell'anno figurava Zuan Andrea Pasqualigo [SC[Z. A. P.]SC] ([I[lett]I]. b). Questa variazione non puossi ad alcun particolare avvenimento attribuire, ma solo ad un genio dimostrato dal Doge di imitare in questa parte il suo antecessore, non essendovi nelle pubbliche storie, o nelle private memorie alcuna di esse che a ragione di ciò addurre si possa. Non è però così della variazione che si osserva nel diritto dell'ottavo anno di questo Doge, nel quale invece del consueto tipo del santo Evangelista, che il pubblico stendardo consegna, vedesi il Doge ginocchioni in atto di orare innanzi al Santo, il quale seduto, tenendo la penna sull'aperto libro in atto di scrivere, si rivolge col capo indietro, quasi chiamato da un oggetto esteriore, ed ha il leone presso di col solito motto [SC[S. M. V. PETRVS. GRIMANVS. DVX.]SC], e nell'esergo [SC[L. M. II.]SC] Lodovico Morosini II, questo pure in altre variando ([I[lett]I]. c). Di questa variazione puossi il motivo attribuire ad alcune vertenze insorte col pontefice Benedetto XIV. Il patriarcato di Aquileia, che con la sua giurisdizione estendevasi nella contea di Gorizia appartenente alla casa d'Austria, svegliato aveva le cure e l'attenzione di S. M. I. e R. Maria Teresa, la quale un proprio Vicario al Pontefice richiedeva per i suoi stati. Il Senato Veneziano, per sostenere i diritti patriarcali, incaricava presso la santa Sede con apposita missione Francesco Foscari, il quale partì di Venezia nell'agosto del 1748. Evvi l'antica tradizione, avvalorata anche da' Padri, che san Marco predicato abbia ai popoli di Aquileia il vangelo, quindi sembra bene adatta la idea che si rappresenti il Doge a' piedi del Santo in atto di supplicarlo a sostenere il diritto dei successori di lui nel Patriarcato stesso, diritto che allora cogli Imperiali dividere volevasi. Le vertenze e le discussioni di Roma continuando, ancora bene stabiliti i confini de' rispettivi diritti delle due metropolitane arcivescovili diocesi di Gorizia e di Udine, che dalla divisione della Patriarcale Basilica di Aquileia sorgere dovevano, nell'anno nono del suo reggimento il Doge ordinava, che nel diritto di quella Osella il santo Evangelista coniato fosse in atto di allontanarsi dalla terra e fra le nubi soffermarsi, con la sinistra mano distesa sulla testa del Doge a' suoi piedi genuflesso, di sua protezione assicurandolo, mentre tiene nella destra il libro degli Evangeli aperto, ed il Leone mezzo accosciato mostrasi in atto di minacciare alcuno dietro alle sue spalle. La inscrizione non varia dalle altre: [SC[S. M. V. PETRVS. GRIMANVS. DVX.]SC], e nell'esergo [SC[G. G. L.]SC] da interpretarsi per Gian Girolamo Longo, che era il massaro all'argento. Si riporta pure in questa quinta tavola a comodo degli osservatori la leggenda del rovescio, ch' è la consueta [SC[PETRI. GRIMANI. PRINCIPIS. MVNYS. AN. IX.]SC], 1749, inchiusa fra due rami di fiori che la corona ducale sorreggono ([I[lett]I]. d). Non ancora del tutto composta la questione sulla giurisdizione delle nuove sedi arcivescovili dal Patriarcato di Aquileia provenienti, il Doge credette opportuno di continuare a prendere lo stesso argomento per soggetto della sua decima Osella: quindi nel rovescio di essa si fece rappresentare ginocchioni illuminato dai raggi superiori, che dal cielo sul di lui capo discendono, in faccia ad un altare, dietro il quale evvi il Santo che sull'ara il libro de' suoi Evangeli aperto gli mostra, indicando con la destra mano la volont