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La banda di Dusiana aperse il fuoco, assordandoci con la più rumorosa delle sue marce guerriere. Fu applaudita a furore, e si gridò viva Dusiana; il che non è mai male tra popoli contermini, che hanno di tanto in tanto i loro piccoli screzi e dissapori. Gi

E un altro esercito si avanza, quanto diverso da quello che s'allontana! ma pure bello e solenne nella sua austera tristezza: due legioni di soldati agguerriti d'ogni terra d'Italia, il battaglione eletto dei Palermitani, una moltitudine d'inermi, stuoli di ragazzi scalzi, di veterani coi capelli grigi e il petto scintillante di medaglie, laceri, infraciditi dalle lunghe pioggie, stremati dalle marce forzate e dalla fame, pensierosi tutti e taciturni come chi porta nell'anima una santa speranza uccisa; ma alla vista del grande caduto d'Aspromonte rialzan tutti insieme la testa e gli gettano l'antico motto: «Roma o mortecon l'alterezza e con l'entusiasmo antico, e gli gridano: Benedetta la tua ferita, o nostro capitano e nostro padre, poichè fu il piombo fraterno a cui t'offristi quello che ruppe, in un colle tue carni, la prima pietra delle mura di Roma!

Parlo a Grazioli degli arditi, esponendogli le loro inquietudini, la loro aspirazione sempre contrariata verso dei privilegi ai quali essi hanno diritto. Morale altissimo. Ma soffrono di non essere nettamente distinti dalla fanteria. Vogliono una disciplina elastica, un riposo assoluto quando sono nelle retrovie. Rifiutano le marce, le esercitazioni quotidiane e le corvées.

Drappelli di croati o di dragoni, oltre la scorta dei soldati delle compagnie di leva, accompagnavano in queste marce le giovani reclute che, così guardate, potevano rassomigliarsi in tutto e per tutto ad un triste convoglio di prigionieri di guerra.

Le nuove ordinanze conservavano la formazione della fanteria su tre righe, ponevano in rilievo la sempre crescente potenza del fuoco e procuravano di disciplinare l'urto. Semplificavano oltre a ciò nei limiti del possibile il maneggio dell'armi ed assottigliavano d'alcun poco il pesante bagaglio delle evoluzioni, delle marce, delle contromarce e delle colonne d'attacco.

Che il mio pomo d'Adamo possa cascarmi nell'ugola e strozzarmi, se questa roba non la pago io al Bon marcê due lire e settantacinque. Ma io non voglio far più prezzi: li farete voi i prezzi: anzi li far

Ma pensava che nei due anni che gli rimanevano, avanti di essere chiamato alla coscrizione, la bambina sarebbe diventata una giovane, e l'avrebbe amato, e prima di partire per quella lunga assenza, col cappotto e la giberna, egli le avrebbe svelato il suo segreto, ed avrebbe portato con , nella vita rumorosa delle caserme, nelle marce faticose, nell'uggia delle manovre, nell'eccitazione della guerra, la soave fiducia d'essere amato, di trovare al suo ritorno quella dolce fanciulla bionda che lo avrebbe aspettato, che gli porgerebbe la mano, e gli direbbe «sono tua». E la situazione, guadagnata con tanto studio e tanta fatica, egli potrebbe dividerla con lei, colla sua sposa, solo con lei, in un lungo avvenire d'amore e di pace.

Isabella di Gherardo Foiani tuo padrone o pure un'altra? PASQUELLA. Un'altra? Dico lei. Flamminio, sapete bene che porco pigro non mangia mai pera marce. FLAMMINIO. È certo? PASQUELLA. Certissimo. Io son stata presente a ogni cosa; io gli ho veduto dare l'anello, abbracciarsi, baciarsi insieme e farsi una gran festa. E, prima che gli desse l'anello, la padrona gli aveva dato... so ben io.

A prima giunta gli darò in faccia un «Quanquam te, Marce fili...». ESSANDRO. Ti conosco di tanto ingegno che saresti per aggirar altro capo che il suo. Ma chi fingerá Cintio? PANURGO. Ci sono il Capestro, il Truffa, e Morfeo parasito, che è il miglior di tutti, perché attaccandomi un fegadello al tallone, me lo strascinerò appresso dieci miglia, ed è poco conosciuto in questa terra.