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Aggiornato: 28 giugno 2025


Oh, allora saremo a Milano! esclamò Evelina, guardando le zie con un'occhiata affettuosa, carezzevole, guardando Don Giuseppe con una timidezza quasi soave. Soltanto, per adesso, Pietro è un po' stanco, dopo tanto lavoro, dopo tante scosse. Pietro, sempre a capo basso, pallido, ebbe un tremito.

L'Imperatore intanto veniva svergognato da zie e comari, come si dice. In tutta Italia si affermava che una certa signorina Vantini aveva conquistato il suo cuore, che egli l'aveva ricevuta in ore romantiche, nella villa ed anche nel suo palazzo, e che essa inoltre gi

Sono alla cassa di risparmio, sopra un libretto col suo nome. Dio! Dio! Fosse vero!... balbettò il malato, più per le zie, sa, che per me! Era proprio vero: Nora aveva confidato al Casalbara delle ventimila lire prestate dal Laner, e il duca, dopo parecchi giorni, era riuscito a procurarle, e d'accordo con Nora, erano state messe sopra un libretto nominale, intestato al Laner.

Alcuni giorni, appunto, dopo l'arrivo delle zie da Crodarossa, si erano ripetuti più gravi i primi sintomi; e una domenica, tornati insieme dalla messa, mentre la signora Angelica e la signora Rosa trotterellavano innanzi, passando per le prime nel salotto, Evelina, fermato il Laner sull'uscio, gli aveva bisbigliato in fretta, tutta tremante: Ho paura.... ho paura.

Era la cameretta delle zie, e anche Pietro sedette alla finestra come le due vecchierelle, guardando nell'orto, guardando il "Gigantesso".... Dio.... Dio.... come era infelice! Quanto si sentiva infelice!... Ma sarebbe stato sempre, sempre infelice così? A Crodarossa cominciava l'inverno.... era il primo giorno d'inverno, l'inverno lungo e bigio della montagna.

Non lo sapeva, non se n'era accorto. Era stato uno stordimento, una vertigine di tutte le ore, di tutte le vicende incalzanti che non gli lasciavano tempo di pensare, di riflettere. Come aveva fatto a innamorarsi di Nora? A impegnarsi senza scrivere alle zie?

Pietro Laner, tre giorni dopo ricevuta la lettera di Matteo Cantasirena, pigliava di botto una di quelle risoluzioni così coraggiose, così ardite, alle quali non arrivano, certe volte, altro che i timidi. Disse in casa che andava a Roveredo e scappò a Milano. E da Roveredo scrisse alle zie che "ormai il dado era tratto: che aveva passato il Rubicone.

E qui cominciava a raccontare, in lungo ed in largo, tutta la storia della sua famiglia, della sua gioventù sacrificata, delle sue aspirazioni, del suo amore per l'Italia, del suo odio per il papato, del bene che gli volevano le zie, e dei dispiaceri avuti con don Giuseppe.

Pensava, sospirando, alla buona ragazza che soffriva tanto per lui, che aveva tanti dispiaceri per lui. E il direttore? Che canaglia! E se anche le ventimila lire fossero una delle solite promesse? E le zie?... E Nora?... Nora?... E i vestiti, i cappellini.... la biancheria di Nora?... E Nora e il Casalbara, e Nora del Casalbara, era tutto un tormento, un orgasmo, un eccitamento affannoso.

Aveva aggiunto che il signor Pietro era assistito come fosse in famiglia, e che del resto lei stessa avrebbe mandato tutti i giorni le notizie; e in prova di quella corrispondenza, Evelina mostrò le lettere delle zie, colle raccomandazioni e i ringraziamenti di don Giuseppe e sotto ad ogni lettera la calligrafia grossa, stentata delle due vecchiette: "La zia Angelica ti manda i suoi saluti e le sue benedizioni.

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