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Aggiornato: 21 giugno 2025
PEDANTE. Sí, è. STRAGUALCIA. O padron magnifico, a tempo veniste per pagar l'oste. Ben gionto. PEDANTE. Costui è stato un buon servitore a vostro figliuolo. STRAGUALCIA. Volete forse dir ch'io non gli son piú? PEDANTE. No. VIRGINIO. Che tu sia benedetto, figliuol mio! Pensa ch'io ho da ristorar tutti quelli che gli han fatto buona compagnia. STRAGUALCIA. Voi mi potete ristorar con poca cosa.
FABRIZIO. Cotesto non farò io. GHERARDO. Perché? FABRIZIO. Perché non voglio entrar per le case d'altri. GHERARDO. Costei sará una Penelope, beato a me! VIRGINIO. Non diss'io che la mia figliuola era bella e buona? GHERARDO. L'abito 'l mostra. VIRGINIO. Ti vo' dir solamente una parola. FABRIZIO. Ditela di fuore. GHERARDO. Eh che non sta bene! Questa casa è la tua; tu hai da esser la mia moglie.
Qualche nuova cosa m'interverrá oggi; ché non mi fanno mai questa cantèppola che, quel dí, non senta o non m'avvenga qualche cosa mal pensata. VIRGINIO. Costei debbe testé parlar con gli angeli o col beato padre guardiano di Santo Francesco.
Quant'ha che tu non l'hai veduta? CLEMENZIA. Son piú di quindici giorni. Oggi volevo andarla a vedere. VIRGINIO. Intendo che quelle monache la voglion far monaca e dubito che non gli abbin messo qualche grillo nel capo, come è lor costume. Va' fin lá, tu, e digli da parte mia che ella se ne venga a casa. CLEMENZIA. Sapete?
La casa di Bracciano brillò nel XV secolo grazie a due celebri capitani di guerra, Napoleone e suo figlio Virginio. Virginio ereditò i suoi beni e la sua gloria. Ai primi egli aggiunse Anguillara e Cervetri, comprati dopo la caduta della casa di Everso.
GHERARDO. Adagio! VIRGINIO. Entra costí in casa, sciaurata! che fu ben maladetto il latte che tua madre ti porse il dí ch'io t'ingenerai. FABRIZIO. O buon vecchio, avete voi figliuoli, parenti o amici in questa terra a' quali appartenga aver cura di voi? VIRGINIO. Guarda che risposta! Perché dici cotesto?
Questo è atto da uomo da bene? questa è cosa convenevole a uno amico? questo è il parentado che volevi far con esso me? chi t'hai pensato di gabbare? credi ch'io sia per comportarla? Mi vien voglia... VIRGINIO. Di che cosa ti lamenti di me, Gherardo? che t'ho io fatto? Io non cercai mai di far parentado teco. Tu me n'hai rotto il capo uno anno. Ora, se non ti piace, non vada avanti.
Né ti maravigliar, Virginio, che tanto te ne importuni, ch'io ti do la mia fede che, perch'io sono entrato in questa girandola, non dormo la metá della notte; e, che sia vero, guarda a che ora mi son levato questa mattina e sappi che, prima ch'io venissi a te per non destarti, avevo udita la prima messa a duomo.
VIRGINIO. Orsú, figliuola mia! Io non voglio star teco piú in còlora. Ti perdono ogni cosa, pur che attendi a viver bene. FABRIZIO. Vi ringrazio. GHERARDO. Cosí fanno le buone figliuole. FABRIZIO. Ecco l'altro rosto fresco. GHERARDO. Orsú! Non v'è onore esser visti ragionar fuore in questo abito. Entratevene in casa. Pasquella, apre l'uscio. VIRGINIO. Entra, figliuola mia.
Che ve ne intriate in casa mia, in tanto ch'io andarò a fare intendere il tutto a Virginio e darò la mala notte a Gherardo. FLAMMINIO. Va', di grazia; e contalo ancora a Isabella. PASQUELLA e GIGLIO spagnuolo. GIGLIO. Por vida del rey, que esta es la vellacca di Pasquella que se burlò de mí y urtommi mis quentas per enganno. Oh como me huelgo de topalla! PASQUELLA. Maladetto sia questo appoioso!
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