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Aggiornato: 26 luglio 2025
Sul di dietro del palazzo Urbani, e dove un tempo sorgeva un gruppo di case destinato ai famigliari della antica casa, ora inalzavasi un edifizio, nel quale il ferro e il cristallo rappresentavano una parte importantissima.
In quel momento di sotto al palazzo Urbani passava una compagnia di soldati, che recavasi al Quirinale a cambiar la guardia; passava silenziosa senza che la musica l'annunciasse. Quello scalpiccio di un centinaio d'uomini fece trasalire il principe, egli credè che i lavoranti stracciati, affamati, lividi dalla febbre fossero giunti dinanzi al palazzo chiedendo pane.
Donna Camilla, che vegliava nella sua camera solitaria, che non si coricava mai prima di aver sentito uscire Giorgio dalla stanza di don Pio, attese anche quella sera inutilmente il marito, e divorando senza piangere la rabbia che provava per tutti quei cambiamenti sopravvenuti in casa Urbani negli ultimi giorni, per tutti quegli intrusi che erano entrati nel palazzo, e soprattutto per quella bella creatura che attirava tutta l'attenzione di don Pio e nella quale intuiva una rivale, non potè dormire neppure quando fu sicura che tutti si erano addormentati, e non potè pregare.
Essi non tenevano conto dei capitali inghiottiti dal giornale e si credevano defraudati quando casa Urbani ricorreva alla Stampa, per riparare momentaneamente allo sfacelo cui andava incontro inesorabilmente. Un giorno, verso la met
Illuminato da un lume basso, quel ritratto in piedi si allungava tanto da prendere proporzioni gigantesche, e mentre don Pio lo fissava, parevagli che la bocca si atteggiasse a un sorriso di scherno, e che tutta la fisonomia del fiero prelato prendesse una espressione di disprezzo, che affliggeva e umiliava l'ultimo discendente degli Urbani. Com'era piccino, infatti, fisicamente e moralmente, rispetto al cardinale, e come sentiva la sua piccolezza! Gli pareva di vedere il fiero signore a cavallo, col petto rivestito di ferro muovere da quello stesso palazzo per andare a difendere il Castello della Marsiliana, minacciato dai Colonna; gli pareva di vederlo attaccare violentemente nel Concilio di Trento le dottrine di Lutero, gli pareva di vederlo circondato di artisti insigni e di dotti discutere argomenti di arte e di letteratura in mezzo a quella corte geniale che aveva saputo formarsi d'intorno, e alla quale aveva commesso le opere d'arte che ornavano il palazzo, e la ricerca delle preziose antichit
Il palazzo Urbani non aveva, da cinque secoli che era piantato sulle sue fondamenta, veduto mai un via vai continuo come in quei giorni che precedevano la elezione del principe, e sopratutto non aveva mai veduto uno dei suoi proprietarii scender nelle cantine, conferire con gli architetti, confabulare con gli accollatarii, e incitare gli artigiani al lavoro come se fosse un assistente.
Dacchè era riuscito a farsi dare il posto di redattore-capo della Stampa, l'Ubaldo aveva voluto cancellare tutto il passato che ognuno avrebbe potuto rinfacciargli ogni momento, aveva voluto cancellare almeno quello che si cancella, e aveva chiamato a Roma la moglie e il figlio, e prendendo in affitto una casa di dipendenza del palazzo Urbani, aveva preparato loro un quartiere semplice, ma comodo e da persone per bene.
Donna Camilla continuava a tenere gli occhi bassi, a mangiare lentamente, e appena riuscivale di schivarsi, se ne andava senza far rumore. Così procederono le cose fino alla domenica, fino al giorno delle elezioni. La domenica fissata per le elezioni don Pio non ragionava più e il palazzo Urbani pareva diventato il quartier generale di un esercito di popolani.
"Io, che seguii quel lavorìo paziente ed accurato, degno di una mente vasta e educata a tutte le più nobili discipline dell'economia moderna, io che ebbi l'onore di essere il confidente del principe durante lo svolgimento della nobile idea, io posso esporvi il vasto piano concepito da don Pio Urbani. Egli vorrebbe vedere Roma circondata da una cintura di ferrovia che avesse la stazione principale qui nel Trastevere, quella di smistamento a San Giovanni e quella di piccola velocit
Manara capitano dei Bersaglieri, di patria lombardo, fu il Tancredi di questa inclita epopea; di forme ampie, ed anzi pingui che no, marziale nel volto, nel portamento, e negli atti; padre e marito non invilito negli affetti privati, con tutto il cuore amava la moglie, e i figli e nondimanco sopra questi amò la Patria; si sarebbe detto avesse avuto due cuori; costumi alteri ma urbani, senza troppo addomesticarsi affabile; quasi un profumo di nobilesca gentilezza lo circondava: da prima repugnò dal Garibaldi, ma all'ultimo si accorse come vi abbia una gentilezza d'intelletto, che vince l'altra di educazione perchè questa può talora dimenticarsi, l'altra non mai; allora egli prese il Generale e il Generale lui; onde all'ultimo diventarono non pure amici ma inseparabili.
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