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Nell'anno 1845 pubblicò i «Ricordi degli esimi pittori, scultori e architetti dei domenicani, con alcuni scritti sulle belle arti». Gi

Santa madre natura, che Iddio continui a benedirvi! Perchè non si lascia intieramente a voi la cura di foggiare i nostri parchi, di svariare i nostri giardini? Qualche volta, non c'è che dire, voi fate meno bello dei nostri architetti; per contro, fate sempre più grande.

Si ricordava la basilica fiammeggiante nel tramonto; ora il tempio era avvolto da una luce discreta; il sole batteva invece sulle Procuratie vecchie, facendone spiccare il fine trapunto marmoreo, lambiva la facciata bianca, ahi troppo bianca, di quel lato della piazza che gli architetti del primo Regno d'Italia rifabbricarono, male imitando le linee della vicina fabbrica di Vincenzo Scamozzi.

Il marmo è liscio e bianco, e gli scultori e gli architetti se ne servono per fare statue, bassirilievi, imbasamenti, facciate di chiese, di palazzi, ecc.: col marmo si fanno i frontoni dei camminetti, gl'impiantiti, i piani dei cassettoni, quelli dei tavolini nelle botteghe, e mille altre cose.

Il pavimento del cortile, della galleria e delle stanze era tutto uno splendido musaico a quadrettini smaltati di vivi colori; gli archi arabescati e dipinti; la balaustrata lavorata a giorno con una delicatezza finissima; tutto l'edifizio disegnato con un'armonia e una grazia degna degli architetti dell'Alhambra.

Gli architetti di quelle case bisognava che fossero giovani simpatici; dovevano aver voluto dir tutti alcun che con quei disegni, e s'erano fatti tutti capire. Man mano che passavo per quelle vie, mi s'affollavano alla memoria versi, scene di romanzo, episodi storici, ariette d'opera.

Erano venute in lieta comitiva a visitare quel piccolo Eden, quel meraviglioso, elegantissimo palazzo, fabbricato da uno dei più celebri architetti di amore. Un palazzo, che, a vederlo da lontano, pareva un tempio di alabastro galleggiante sulle onde o sospeso in una nuvola di fiori.

Il palazzo Urbani non aveva, da cinque secoli che era piantato sulle sue fondamenta, veduto mai un via vai continuo come in quei giorni che precedevano la elezione del principe, e sopratutto non aveva mai veduto uno dei suoi proprietarii scender nelle cantine, conferire con gli architetti, confabulare con gli accollatarii, e incitare gli artigiani al lavoro come se fosse un assistente.

Si notavano in quelle vece le vigne sterpate, i camperelli distrutti, le falde della collina sconvolte dalle mine, fondamenta a mala pena gettate di case future, fossi di calce, monti di rena, sterramenti, cataste di pietre da costruzione; insomma un caos, che aspettava ancora il fiat degli architetti e dei mastri muratori.

La regata doveva cominciare alle cinque pomeridiane, ma fin dalle quattro il piano nobile del palazzo formicolava di dame e di cavalieri, e il conte Zaccaria col pomposo genero a fianco conduceva in giro per l'appartamento tre o quattro austriaci d'alto affare, duri, impettiti, coperti di decorazioni. Era un bel palazzo davvero quello ch'egli mostrava a' suoi ospiti, uno di quegli edifizi maestosi e leggiadri ad un tempo di cui gli architetti moderni hanno perduto il segreto. Stile del classicismo avviato alla decadenza, lo dicono le Guide, e ne attribuiscono la costruzione al Sansovino o a uno dei suoi discepoli. Cinquant'anni fa, esso era anche uno dei pochi palazzi veneziani che nell'interno serbassero il carattere primitivo. Dalle travi dello spazioso androne pendevano due grandi fanali che avevano gi