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Aggiornato: 19 maggio 2025
«Oh! sclamò Tecla, che era ancora sotto il pergolato col crocchio di donne; e rimase, vedendo apparire Giuliano, colle braccia tese verso l'arco, tinta nel viso di quel roseo, che si vede improvviso diffondersi sulle guance a qualche giovane morente, e pare il principio di un'aurora più bella. Le donne non ebbero tempo di levarsi in piedi, e gi
Se nell'epopea l'eroe rappresenta il popolo, nella tragedia lo riassume, giacchè vi compie la vita della propria generazione iniziandola in quella della generazione non nata. L'epopea è un meriggio, la tragedia un'aurora, nella quale la esultanza della luce erompe dalla lacerazione delle tenebre.
Lungo un sentier de gli altri men distorto affretto i passi ovunque l'occhio il vede. Oh avventurosa fuga, che a buon porto giunger mi fece d'un tal pregio erede! Ben duolmi che, narrarvi ciò volendo mentre son carne, in van mie rime spendo! Di luce un gioven cinto, anzi un'aurora, ch'appare spesso a l'alma cieca e frale, ecco si mi presenta e mi 'ncolora col viso piú che 'l sol di luce eguale.
Come talora, per giuoco, facciamo passare sopra la buia parete una serie di figure spaventevoli o grottesche, in quel giorno davanti agli occhi maravigliati di Beatrice dovevano fare la mostra stranissimi aspetti. Preceduto dal solito scatenìo, mezza ora dopo che costoro erano spariti, ecco entrare nel carcere un uomo molto lindamente abbigliato, con certi orecchioni a guisa di conchiglia marina, camuso il naso, le labbra grosse e sporgenti in fuori come quelle della scimmia. Questi esaminò con diligenza le mura, il pavimento e lo spiraglio, e poi alla sfuggita sogguardò anche Beatrice, mostrando egli solo fin lì un'aurora boreale di compassione. Sul punto di uscire dalla cella fu udito favellare queste parole: Sana cotesta prigione non si può dire in coscienza, e per di più è buia: trasporterete il numero centodue al numero nove, e gli addobberete la stanza con mobili convenienti; pel trattamento gli somministrerete quanto desidera, gi
Una sera lo ricordo come fosse ieri eravamo riuniti, secondo il solito, in quella sala: era d'inverno, ma non vi era neve; il suolo gelato e imbiancato di brina rifletteva i raggi della luna in guisa da produrre una luce bianca e viva come quella di un'aurora. Tutto era silenzio, e non si udiva che il martellare alternato di qualche goccia che stillava dai ghiacciuoli delle gronde. Ad un tratto un rumore sordo e improvviso di un oggetto gettato nel cortile dal muracciuolo di cinta, viene ad interrompere la nostra conversazione; mio padre si alza, esce e si precipita fuori della porta che mette sulla via, ma non ode rumore alcuno di passi, nè vede per tutto quel tratto di strada che si distende d'innanzi a lui, alcuna persona che si allontani. Allora raccoglie dal suolo un piccolo involto che vi era stato gettato, e rientra con esso nella sala. Ci raccogliamo tutti dintorno a lui per esaminarlo. Era, meglio che un involto, un grosso plico quadrato in vecchia carta grigiastra macchiata di ruggine, e cucita lungo gli orli con filo bianco e a punti esatti e regolari che accusavano l'ufficio di una mano di donna. La carta tagliata qua e l
Da te riedea la mia fiducia antica Nell'assistenza del tre volte Santo! In te il perdon non mi costò fatica! In te d'amore e di dolcezza ho pianto! In te ne' tristi dì ripigliai lena, E sino al termin sopportai mia pena! Improvvisa comparve un'aurora Che distinguer dall'altre non seppi, E la sera ivan sciolti i miei ceppi! Ed uscii dall'orrendo castel!
Parola Del Giorno
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