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Aggiornato: 12 giugno 2025
Fassi al corpo vicina in un momento, E di pena e di morte è sua sembianza; Ma quando il vede trapassato e spento Gridava: o mio conforto, o mia speranza! E cotanto di forza ebbe il tormento, Che di più favellar non ha possanza, Sol bacia il volto, e col
Tal minacciava; e da la fronte oscura Per gli occhi fiamma sfavillava intorno, Gelidi i capitan d'alta paura A le tende ciascun fa suo ritorno; Quivi, presaga di più rea ventura, La vinta plebe al trapassato giorno Volgea la mente, e tra' più rei martiri Bestemmia d'Ottoman gli empi desiri.
Concettella dinoccolò sillabando ancora le parole: Misericordia di me! A quell'ora stessa, il re pregava nel suo piccolo oratorio. Il conte d'Altamura aveva detto: Questa sera, alle nove precise, il diavolo chiama il suo vescovo appo di sè perchè canti compieta. E il re recitò un requiem per l'anima del trapassato.
Quindi alla casa, nella quale era Dante prima abitato, tornandosi, secondo il ravignan costume, esso medesimo, a commendazione del trapassato poeta e a consolazione de' figliuoli e degli amici che dopo lui rimanieno, fece uno esquisito e lungo sermone.
Tutti piangono gli astanti; piú d'ogni altro il condannato; e piangendo invoca morte, ch'ei non sia disonorato. Lui contrito il santo vescovo assolvea dal suo peccato; indi il portan via per morto, né il carnefice è chiamato: giudicavalo Iddio stesso; pria d'un'ora è trapassato. Ma sovvenne pronto all'anima quell'Apostolo sacrato, ché non altri fu il romeo, il buon vescovo, il soldato.
E che egli fosse cosí, assai bene si verifica per quello che giá mi ragionasse un valente uomo chiamato ser Piero di messer Giardino da Ravenna, il quale fu uno de' piú intimi amici e servidori che Dante avesse in Ravenna; affermandomi avere avuto da Dante, giacendo egli nella infermitá della quale e' morí, lui avere di tanto trapassato il cinquantesimosesto anno, quanto dal preterito maggio aveva infino a quel dí.
Ahi me infelice! invano co' blandi accenti aqueti l'affannata anima mia e i suoi tristi presagi... e tu in tanta sciagura sei pur per mia colpa: oh dolore! oh pensiero che mi allaccia lo spirito e mi scioglie la lena che mi regge! fida, impareggiabile Marcellina; e tu pur m'ami? e a tanto affetto io corrispondo doni di sangue... Ben io dovea, ben io, volare non alla pugna ma a te, e farmi tuo scudo: avrebbe il crudo trapassato il mio petto prima di giungere a questo seno amoroso: forse quel ferro micidiale quivi saziava la sete, forse... oh me felice se col versato mio sangue avessi a te data la vita!
Proseguiamo per poco verso nord ove anche dopo le ultime capanne si continuano ad incontrare avanzi di obelischi più o meno rozzamente lavorati. Questo mi conferma nella mia opinione che trattasi di una necropoli o di un santuario, essendo gli obelischi maggiori, che tutti portano presso a poco le stesse incisioni, dedicati ai singoli membri della dinastia regnante, od innalzati come fari del culto e della fede. Non potrebbe quella porta che sta scolpita ai piedi di molti degli obelischi, avere allusione all'ingresso nella nuova e forse miglior vita? Vediamo tanti monumenti moderni che vorrebbero esprimere lo stesso concetto! E quelle forature nella piattaforma, non potevano servire ad accendere fuochi per tener viva la memoria del trapassato, o a ricevere offerte che gli amici e i parenti deponevano in omaggio al defunto, e che i poveri raccoglievano? Sono usi che vediamo ancora oggi praticati in alcuni paesi. E non c'è a stupire se di una citt
¹ Questa è opinione di Pitagora E la terra! Ogni zolla contiene la cenere del cuore di un eroe. I nostri passi sono su la polvere dei grandi... i passi di noi più meritevoli di andare sepolti sotto la polvere! Solo lo straniero conosce le nostre storie, e pieno di reverenza teme ad ogni orma che muove si sollevi dalla terra una voce che gridi: codardo, perchè calpesti un valoroso? Va pur franco, straniero, chè ogni avanzo di vita sia bene spento sul limitare della morte, nè questi tramonti conoscano crepuscolo; nè dai sepolcri esca grido di trapassato, dove non ve lo ponga il valore, o la piet
Il signor Lanci interdetto si sprofondava in inchini; la voce gli negava l'ufficio consueto, ma le lacrime gli sgorgavano dagli occhi. Però, siccome amore si pasce di sospiri, di pianto e di speranza, non per questo smetteva il costume di farsi vedere sotto il palazzo, pago di contemplare almeno la dimora della donna amata. Certo giorno, poco innanzi l'alba, udii sotto le finestre di camera mia parecchie voci, che gridavano: «Misericordia, Gesù!» Scesi subito per la via con la spada in una mano ed un torchietto nell'altra, e vidi presso l'arco di casa il corpo del signor Gasparo trapassato da un coltello che dalla spalla destra gli riusciva sotto la mamma sinistra, dove aveva cantato di sentirsi il fuoco. Ma questo è nulla. Mia madre, gi
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