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Il capitano De Cristoforis doveva rimanere a Sesto con la sua compagnia, sorvegliare il passo del Ticino, e se gli capitava il destro impossessarsi di qualcuno dei vapori nemici, e sopratutto doveva guardare la strada Sesto-Gallarate attirandovi il nemico, trattenerlo quanto avesse potuto, e battere in ritirata su Varese se assalito da forze superiori.

Ottobre, 25. Un giorno in Roma, nel 1849, mentr'io era ancora semplice rappresentante del popolo e senza parte nella suprema direzione delle cose, saliva a vedermi un giovane ufficiale napoletano. Era Carlo Pisacane. Mi si presentava senza commendatizie; m'era ignoto di nome e, bench'io ricordassi di averlo alla sfuggita veduto un anno prima fra quel turbinìo d'esuli che la dedizione regia rovesciava da Milano e da tutti i punti di Lombardia sul Canton Ticino, io non sapeva gli studî teorici e pratici, la ferita di palla austriaca che lo aveva tenuto per trenta giorni inchiodato in un letto, i principî politici serbati inconcussi attraverso l'esilio e la povert

Invano! tutto era finito! L'esercito piemontese in ritirata verso il Ticino, l'esodo dei patriotti e dei proscritti era gi

«Dal nostro Quartier Generale in Lodi, 31 marzo 1848. Carlo Alberto Il Ministro della Guerra, Franzini. «Soldati! «Passammo il Ticino e finalmente i nostri piedi premono la sacra terra Lombarda! Ben è ragione che io lodi la somma alacrit

Mi ricordò sovente che da Lorenzino de' Medici in poi non s'era compiuto un simile fatto, e mi raccomandò ch'io scrivessi, dopo la sua morte alcune linee sui suoi motivi. Partì valicando il Gottardo, mi scrisse poche parole, piene d'entusiasmo: s'era prostrato sull'Alpi e avea nuovamente giurato all'Italia di compiere il fatto. Ebbe in Ticino un passaporto col nome di Mariotti.

L'altro re stassi spettatore indifferente alla lotta ciclopica dei milanesi, e arresta al Ticino la gioventù ligure-piemontese che correva a dividere con Milano i cimenti e la gloria.

Dividono i servi, dividon gli armenti, Si posano insieme su i campi cruenti D'un volgo disperso che nome non ha. Era un canto di dolore, che dovea seguire naturalmente a quello tutto fiducioso che, nel marzo 1821, il Manzoni stesso avea composto, quando i congiurati lombardi aspettavano con ansia le novelle che l'esercito rivoluzionario piemontese avea passato il Ticino.

Mentre l'Urban, lasciata una forte retroguardia a Varese, contromarciava col grosso della sua divisione su Gallarate diretto al Ticino, Garibaldi ignaro di questa improvvisa ritirata, levato nel tempo stesso il suo campo da Induno, per Arcisate, Rodero, Casanova arrivava a Como fra il tripudio di quella cittadinanza che da quattro giorni paventava di rivedere ad ogni istante gli austriaci.

Parve di subito imminente la guerra, insoffribile ogni indugio; e quando Francia prometteva ad Austria e ad Europa di non varcare le Alpi, se non quando Austria avesse varcato il Ticino, quella promessa a molti sonava minaccia; e taluni desideravano l'Austria invaditrice pur per veder soccorritrice la Francia.