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Aggiornato: 5 giugno 2025


Così dicendo appoggiò la testa come volesse dormire e stendendo le gambe sopra quelle del duca, aprì la bocca ad un semi-sbadiglio, segno piuttosto di pigro benessere che di noia. Il duca taceva; Tibaldo proseguì: Sei però ingiusto verso le donne, ve ne sono ancora per l'Europa una dozzina di belle.

Un sorriso passò sulle labbra del duca, e come accade spesso, quando interruppe di nuovo il silenzio, i suoi pensieri avevano deviato, talchè soggiunse: Non è vero, Tibaldo, che cotesta impotenza che provano i poeti ad esprimere i loro sensi più arcani, i pensieri reconditi che germogliano misteriosi e vergognosi talvolta nei più reconditi recessi dell'anima, noi comuni mortali la proviamo a dire completamente le cose le più semplici; a svelare per esempio lo stato in cui ci troviamo in una fase della vita piuttosto che nell'altra?

Come si vede, la conversazione aveva subito come accade spessissimo una sensibile deviazione; dalla bellezza delle donne in generale e di Lady Isabella in particolare, si era passati a delle considerazioni sulla vita e il duca, cosa per lui rarissima, era quasi sul punto di fare a Tibaldo delle mezze confidenze. Questi che lo conosceva abbastanza per sapere come la più piccola interruzione sarebbe stata sufficiente ad arrestarlo su quella via nella quale certo non s'impegnava che quasi involontariamente, si guardò dal fiatare. Infatti il duca riprese: E ti confesso, Tibaldo, che da qualche tempo questa idea mi frulla spesso nel capo. Ma le abitudini sono un vincolo ben tenace; tutta quella gente cui non so perchè si d

Non lo sapremmo dire con esattezza, poichè le poche parole che proferivano, erano pronunziate a bassa voce come fossero in chiesa. «Cosa diavolo diventa quel pazzo di Giorgio? pensava Tibaldo. Egli ha fatto il contrario di ciò che io aveva predetto. Come credere infatti, abituato come era, che non si avesse ad annoiare? Ma con lui non si è mai sicuri di nulla.

Egli rifiutò subito, ma come accade sempre, si sparse per qualche tempo la voce che fosse vero, e creò una commozione stranissima; poi altrettanto interminabili furono le ciarle a proposito del suo rifiuto. Il progetto ch'egli aveva confidato a Tibaldo da qualche tempo lo occupava, ma rimase lungamente anche dopo il colloquio di quella sera allo stato di semplice progetto.

Tibaldo non potè a meno di ridere, ma rispose: Puoi negarlo, ma ti assicuro, mio caro, che c'è molta verit

Silenzio, duchessa, sono qui sotto il più grande incognito, per dei motivi.... politici, rispose Giorgio che, non potendo più schivare l'incontro, aveva subito riacquistata la sua disinvoltura. Davvero? Se sapeste come s'è parlato di voi a Parigi! La vostra scomparsa fu un avvenimento. Tutti assediano quel povero Tibaldo d'interrogazioni, ma egli si ostina a tacere.

Vi fu una pausa. Il duca sembrava riflettere sulle parole stesse che aveva pronunziate, e Tibaldo sognava, guardando fissamente uno dei tizzoni che stava sperdendosi in bragia.

Diremo soltanto che dopo di aver vissuto più e meglio di molti altri, dopo di aver speso la sostanza di una mezza dozzina di ambasciatori plenipotenziari, dopo di esser riuscito a far parlare di , dopo d'aver sontuosamente viaggiato, dopo di aver avuto i più bei cavalli, i più ricchi appartamenti di Parigi, dopo di aver dato alle donne meno brutte i più preziosi gioielli, lo troviamo, al momento in cui ebbe con Tibaldo il colloquio memorabile trascritto nel capitolo precedente, privo di molte illusioni prima di averle provate, un po' stanco della vita che conduceva e volendo, ma non sapendo risolversi a cambiarla.

E non impediva del resto che se qualcuno gli domandasse nuove del duca, Tibaldo prendesse un'aria d'importanza e desse delle risposte sibilline e oracolari, poco soddisfacenti, ma di uno che sa tutto e non vuol dir nulla. Intanto egli stesso si perdeva in vane congetture.

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