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Aggiornato: 28 maggio 2025
Il Mare, in lontananza, sontuosamente arricchito di tutte le luci cadute dal cielo, va delicatamente mutandosi in un magico deserto dall'auree sabbie ondeggianti che all'infinito si stendono. Ombre violette le increspano, e un vento ingegnoso le squama e le niella con carezzevoli soffi, con lente puerili moine.
Percorse due o tre sale sontuosamente arredate, nelle quali se ne stavano contegnosi e muti una dozzina di antenati d'ambo i sessi; sulla tela, s'intende. Lorenzo Salvani fu guidato alla camera dell'amico, più che dagli atti ossequiosi del servitore, dalla voce medesima del Pietrasanta, il quale gridava dalla sua cuccia: Siate il benvenuto, amico Salvani!
Diremo soltanto che dopo di aver vissuto più e meglio di molti altri, dopo di aver speso la sostanza di una mezza dozzina di ambasciatori plenipotenziari, dopo di esser riuscito a far parlare di sè, dopo d'aver sontuosamente viaggiato, dopo di aver avuto i più bei cavalli, i più ricchi appartamenti di Parigi, dopo di aver dato alle donne meno brutte i più preziosi gioielli, lo troviamo, al momento in cui ebbe con Tibaldo il colloquio memorabile trascritto nel capitolo precedente, privo di molte illusioni prima di averle provate, un po' stanco della vita che conduceva e volendo, ma non sapendo risolversi a cambiarla.
Era una vista insolita. Su quel viale, a una ventina di passi di distanza, s'avanzava lentamente una fulgida coppia, un giovanetto e una fanciulla, stretti l'uno all'altro come evocati dalla immaginazione d'un poeta. Egli era alto snello, simile a un paggio; ella era bionda, sontuosamente vestita da sposa, tutta in bianco, idealmente bella. Sembravano un'apparizione.
Pure erano ben sontuosamente belle, con le loro bocchine di corallo, coi loro vestiti luccicanti, con le affettate movenze di testa e di spalle, con la pronunzia smangiata e coi loro sguardi sapienti. Nella sala da ballo, accompagnate dall'orchestra, venti coppie ballavano il minuetto.
Il nome di Paolo tornava ad ogni momento. Le sue ultime parole furono: «Lasciatemi dormire». Così dicendo appoggiò la bella testa all'indietro e chiuse gli occhi. Tre giorni dopo, la chiesa del villaggio mostravasi sontuosamente parata di nero e d'argento. I paesani in folla erano inginocchiati sui gradini.
Alzor era alla Dora. Una sera di un giorno vittorioso egli aveva posto l'alloggiamento in un Santuario della Vergine. Fulgente di gioia, gloriosissimo e temuto, sontuosamente vestito, colla spada ricurva e con un pennacchio di diamanti, egli sedeva sui gradini dell'altare maggiore: gli incensi cristiani e e gli aromi insidiosissimi degli harem intorno a lui spandevano tepori e profumi: uno schiavo di Provenza suonava l'organo da flato: vampeggiavano per scherno sulle fredde lastre dei morti due grandi cataste di pino olente: danzavano seminude, procaci e velenose, o si raccosciavano sui sacri paramenti, afflosciate dalla volutt
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