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Aggiornato: 16 giugno 2025
Di prete Guottibuossi un stratagema caccia Marfisa in monastero; e in questo tra le monache e quella, che non trema, nasce un combattimento poco onesto. A Terigi il decoro e l'util scema; gli vien promosso un piato assai molesto. Diconsi alcune cose de' scrittori, poi del guascon ch'è di Parigi fuori.
Ragioniam netto adesso per allora, ch'io non soffro ingrognati e vo' quiete. Un cavaliere, quando la sposa ama, non si scorda giammai ch'è nata dama. Parean aspri a Terigi questi detti, ma dall'amore egli era sbalordito, e tanagliato da mille rispetti.
Lasciar l'incarco non è cosa sana; questa risoluzion forte abborrisce, perocch'è necessaria la prebenda: e par che la risposta non intenda. Replica la disfida e chiama vile il marchese Terigi e poltroniere.
E alla bottega del caffè dov'era, ad uno che faceva gran contrasto e volea pur sapere in qual maniera l'intendesse, Dodon, ch'era omai guasto, rispose alfin: Non presi mai mogliera, prima perché non mi piacque un tal pasto, ma sopra tutto per non dar cagione di tanto affanno alle vostre persone. Marfisa prende Terigi in consorte, Terigi n'è contento e la vuol prendere.
Avolio è furbo e accresce la chiassata, dicendo sol: De' gusti non s'estime buon giudice nessun della brigata; e baciava la mano alla sua dama, che nulla s'accorgeva della trama. Fan con Terigi alcuni convenevoli, passando poscia al campo di battaglia, sempre ridenti, ironici e scherzevoli con Avolio, il qual nulla si travaglia.
Il marchese Terigi a que' fa vezzi, perché l'ignobiltá cerca aderenze; far gli faceva di rinfreschi mezzi, per turar ne' lor sen le maldicenze. Ma converrá che alfin si scandalezzi, o ch'egli abbia duemila pazienze; ché tutte le finezze fien mal spese, e rideranno a lungo del marchese. Ecco una dama con belletto e nèi, di settant'anni.
Or si de' dir che la scrittura fatta tra la pudica Marfisa e Terigi fu gran cagion d'una ciarlata matta nelle case e botteghe di Parigi. Molti stati con la faccia stupefatta, tutti cercan le cause ed i vestigi; sembra che a ognun quella faccenda tocchi, tante dispute fan, tirando gli occhi. Molti dicevan gonfiando le gote: Che avvilimento è questo di Ruggero!
Io voglio andare a quel dimonio, e dire e far quel che non credi e che udirai. La mia ragion saprò farla sentire: lacererò la scritta, lo vedrai; e poiché avrò esaltato il mio gran merito, voglio voltarle tanto di preterito. Cosí detto, Terigi indosso mette il piú ricco vestito ch'egli avesse. Dimenando le sue corte gambette, va via che par che il vento lo spignesse.
Disse la dama: Io non l'ho avuto ancora, ed il pigliarlomi saria molesto, perocché il meglio alle fattezze isfiora, oltre che mi potrebbe esser funesto. Disse il marchese: Non, in fede mia. La dama co' serventi passa via. Un gran rumor venía su per la scala, un ridacchiar femminile e maschile. Terigi sta come terzuol sull'ala, e si diguazza a comparir gentile.
Rispondean altri: E' la dá senza dote; par ch'egli abbia giudizio, a dire il vero. So dir Terigi accomandar si puote a san Francesco, a san Gianni, a san Piero, che a pettinare e' si toglie una lana da far che sudi e scoppi di magrana. Altri in capo tre giorni, piú o meno, predicono divorzi o scioglimento. Nessuno c'è che voglia stare a freno: fanno argomenti per mostrar talento.
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