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Aggiornato: 10 giugno 2025
Ora cen porta l’un de’ duri margini; e ’l fummo del ruscel di sopra aduggia, sì che dal foco salva l’acqua e li argini. Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia, temendo ’l fiotto che ’nver’ lor s’avventa, fanno lo schermo perché ’l mar si fuggia;
E il maestro compunto, tra per la paurosa visione, e per lo duolo temendo di non andare a quelle orribili pene delle quali aveva il saggio, deliberò di abbandonare la scuola, e il mondo.
E l'uno cercava guadagnarsi la mia amicizia facendo pompa del suo coraggio, e l'altro coll'astuzia delle sue gherminelle. Solo i più maturi se ne stavano ritrosi, temendo in me un rivale pericoloso.
Quando rinvenne, si trovò adagiata, distesa sul canapè del salotto: don Gregorio era solo con lei. Il buon vecchio, che ormai aveva tutto compreso, avea saputo con un pretesto allontanare anche la Luigia, temendo che Maria, nello stato in cui si trovava, potesse perdersi con qualche parola imprudente.
L'Agata era nel suo giardinetto aspettando il mio ritorno, quando io le comparvi dinanzi tutto sconvolto dall'interna lotta delle mie sensazioni. Vedendomi ne rimase confusa, temendo di non avere incontrato il mio gradimento. La rassicurai piuttosto coi gesti che colle parole, perchè mi mancava la voce.
Fu la scintilla che cagionò l'incendio: il furore del popolo proruppe sì vivo, sì unanime, sì violento che io mi avvidi subito che non vi era più mezzo a contenerlo. I miei stessi ministri erano rimasti meravigliati della stoltezza del mio giudizio; e temendo che i rivoltosi non li considerassero come facienti causa comune col re, si affrettarono a ritirarsi prudentemente nelle anticamere.
Mio zio, vedendomi sofferente, s'accorse che avevo passata una cattiva notte. Povero Daniele!... mi disse con affezione, tu pensi sempre alla contessa Savina!... Nemmeno in sogno!... gli risposi, temendo quasi che potesse scoprire i misteri della notte, e soggiunsi: Tutto è finito.
Ma quando udii dietro di me un altro galoppo e m'accorsi che Federico m'inseguiva alla gran carriera, temendo per lui, con una strappata violenta arrestai il povero animale che s'impennò, rimase un istante inalberato come per precipitarsi nell'acqua, poi ricadde. Io ero incolume. Ma sei impazzito? mi gridò Federico, sopraggiungendo, pallidissimo. T'ho fatto paura? Perdonami.
Ma ella subito la interruppe, temendo di esser apparsa poco delicata verso l’amica, e soggiunse:
Camminava lentamente verso la porta, si fermava, faceva un passo, e si fermava di nuovo. Qual silenzio! Qual abbandono, qual morte in quel castello! Temendo di rientrarvi, e rimproverandosi le sue esitanze, traversò rapidamente la sala, come se avesse temuto di guardarsi intorno, ed aprì il gabinetto che altre volte chiamava il suo.
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