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Aggiornato: 6 giugno 2025
E perchè, dunque, tu mi rimproveri?... Tu dici ch'io sto qui bene e dovrei esser contento della mia condizione?... E tu non stai meglio di me? E non sei ambizioso di farti maggior largo nel mondo, d'inalzarti, anche a prezzo dell'onore di una fanciulla, forse a prezzo della sua felicit
ti scrivo queste poche riche ti fo conosciere che ia sto bene di salute e così spero di sentire di te. Dunque Mio caro Potito, dopo due mesi e tredici giorni mi ho azzardato di scriverti innascosta dei mie parenti; perchè dopo tanti mie pianti mi ho sognato una donna e mi ha detto così figlia mia Antonietta non piangete più che il mio figlio vi deve venire a sposare pregherò ia a Dio che gli d
Sono un fanciullo, non sono un uomo: non oso pensare, non oso leggere: sto bene nelle mie dolci illusioni dell'ideale e di Dio.
«Io sto assai male,» disse Sant'Aubert stringendo la mano della figlia, la quale, spaventata dal tuono di voce del padre, esclamò: «Gran Dio! voi state più male, e noi siamo senza soccorso; come faremo?» Egli appoggiò la testa sulla di lei spalla; essa lo sostenne fra le sue braccia, e fece fermar la carrozza. Appena il rumore delle ruote fu cessato, sentirono musica in lontananza, lo che fu la voce della speranza per Emilia, che disse: «Oh! noi siamo vicini a qualche abitazione, e potremo trovarci aiuto.» Ascoltò attenta: il suono era molto lontano, e parea venire dal fondo di un bosco, una parte del quale costeggiava la strada. Guardò dalla parte d'onde venivano i suoni, e vide al chiaro di luna qualcosa che somigliava ad un castello, ma era difficile di giungervi. Sant'Aubert stava troppo male per sopportare il più piccolo movimento: Michele non poteva abbandonare le mule; Emilia, che sosteneva ancora il padre, non voleva abbandonarlo, e temeva pur di avventurarsi sola a tal distanza, senza sapere dove ed a chi indirizzarsi: frattanto bisognava prendere un partito, e senza dilazione. Sant'Aubert disse dunque a Michele di avanzare più lentamente che gli fosse possibile, e dopo un momento svenne. La carrozza si fermò di nuovo; egli era privo affatto dell'uso dei sensi. «Ah! padre mio, mio caro padre!» gridava Emilia disperata; e credendolo in punto di morte, esclamò: «Parlate, ditemi una sola parola; ch'io ascolti anche una volta il suono della vostra voce.» Egli non rispose nulla: spaventata sempre più, ordinò a Michele di andare ad attingere acqua nel ruscello vicino; egli ne portò un poco nel suo cappello, che la ragazza spruzzò sul viso del genitore. I raggi della luna, riflettendo allora sopra di lui, mostravano l'impressione della morte. Tutti i movimenti di terrore personale cedettero in quel punto a un timore dominante, e, confidando Sant'Aubert a Michele, il quale con molta difficolt
Dopo tutto questo viene fatto di dimandare come mai un popolo tanto infatuato della musica, da averne bisogno, sto per dire, come dell'aria che respira, non abbia dato all'arte alcun grande maestro. Gli Spagnuoli non se ne sanno dar pace!
Male anch'io, male anch'io; anzi peggio di voi altri; perchè sto sempre a Milano, vado a tutte le prime rappresentazioni, costretto ad ascoltare tutti gli artisti che hanno o che avevano o che vogliono avere in gola un filo di voce, ed a leggere tutte le cronache cittadine, ed a mostrare di prendere sul serio cento cose che non m'interessano punto.
La signora Maddalena manco s'accorgeva di lui, se don Marco andandogli incontro, così per dire qualcosa, non gli chiedeva della sua salute. «Io sto bene! rispose il pievano: ma non così tutti coloro che mi stanno a cuore. Suo figlio, signora, a Torino si finisce di rovinare.
Vivete voi,» parlò alfine Emilia, «o siete un'ombra? Vivo, ma sento che sto per morire.» Emilia procurò di consolarla, e le domandò chi l'avesse ridotta in quello stato.
Fu con passo vacillante e col volto pallidissimo che il professore entrò nella camera di Loreta. La giovane lo stava attendendo sull'uscio ed appena lo vide si scusò con lui di non aver potuto ella stessa discendere: Dovete perdonarmi; non sto bene.
FULVIA. Fessenio mio, torna presto. FESSENIO. Cosí farò. FULVIA. Ahi infelice Fulvia! Se io cosí troppo sto, certo io me morirò! Misera! che far devo? SAMIA. Forse lo spirito lo moverá. FULVIA. Deh! Samia, poi che il negromante sta tanto a venire, torna a ritrovarlo. SAMIA. Cosí mi pare; e non ci voglio perder tempo. FULVIA. Raccomandagli questa cosa. E torna presto.
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