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Aggiornato: 28 maggio 2025
Verso l’ora del tramonto qualche leggiera nuvola spuntò dalla parte del Gran Paradiso; poco dopo altre nuvole scavalcarono le vette da ogni lato e si allargarono radendo la montagna, strisciando lungo le roccie con serpeggiamenti lascivi, lacerandosi alle foreste.
Pari alle gaggìe nei loro serpeggiamenti, s'innalzano le asclepie, mostrando su tenui fili quasi innestate le larghe foglie coriacee e i carnosi fiori stellati. Più sfoggiatamente vestiti si levano in alto gli abùtili, e lasciano con leggiadra civetteria ricader mollemente tra i pampinosi tralci le graziose campanelle socchiuse, dai petali giallognoli e bizzarramente venati di scuro. Guardate il prato, com'è tutto d'un bel verde tenero! Qua e l
Per accedere alle scale ampie ed agiate, che di certo furono fatte per non affannare il petto alle baronesse; bisognava attraversare una sorta d'atrio, che di costa aveva un cortile lungo quanta era la facciata dell'edifizio. Da quel cortile parecchie viti, accompagnate nei loro serpeggiamenti da mano amica, s'erano arrampicate così alte, che tra balcone e balcone, formando bellissimi tralciati, toccavano colle vette le gronde del palazzo, a recarvi chi sa se noia o diletto alle rondini, che vi appiccavano i nidi. Bell'e in mezzo al cortile v'era una cupoletta leggiadra, assiepata da gelsomini rigogliosi; ma i fiori d'alcune aiuole ben disposte qua e l
Il Sangonetto aveva ragione. Noli era un osso duro da rodere, con quel suo castello in vetta del monte e una lunga scesa di mura e di torrioni per infino alla valle. Come un nido di aquilastri, piantato nel fianco d'una rupe a sottosquadro, non teme insidia di cacciatori quantunque animosi e valenti, Noli potea viver sicura dalla terra e dal mare. Di lassù, dove le sue mura comandavano i serpeggiamenti della via più faticosa che fosse mai, tornava impossibile un assedio, e una sorpresa soltanto avrebbe potuto dare la citt
GROSSI, Ildegonda, P. 1.º La più alta e maestosa torre del Castello di Musso quella si era che sorgeva nel Forte di Gian Giacomo, posto, come dicemmo, nella parte più eminente di esso; elevata dominatrice di tutte le merlate mura dell'acclive Fortezza, potevasi propriamente ad essa sola applicare il nome di vedetta del lago. Le mura de' suoi fianchi e le quadrate pietre che ne munivano gli angoli, allora recentemente eretti, non erano stati per anco imbruniti dalla mano del tempo, nè miravansi dal musco e dai serpeggiamenti dell'edera rivestiti; onde quella torre giganteggiava alla vista del lontano riguardante, ben distinta pel suo colore rosso cupo e staccata dal bigio sasso del monte che le stava di schiena; il vessillo Mediceo che le sventolava alla cima scorto dalle acque e dagli erti vertici dei monti più discosti, appariva formidabile e minaccevole insegna. Così negli adusti piani del Nilo una tenda che s'innalza alla sommit
Sui due marciapiedi della strada la gente era fitta come all'uscita d'un teatro, e non si vedevan crocchi, nè brigatelle, nè alcuno che gridasse e gesticolasse; andavan tutti in fretta e in silenzio, ciascuno approfittando d'ogni piccolo spiraglio che si facesse nella calca, per cacciarsi innanzi a chi lo precedeva; e urtandosi gli uni e gli altri, senza voltarsi. Nel mezzo della strada passava una fila lunghissima di grandi omnibus variopinti come carri da carnevale, con una specie di gradinata di sedili sul davanti, che si allarga di sotto in su, e porta così in aria la gente in forma di ventaglio, i più bassi quasi a terra, i più alti che arrivan col capo al primo piano delle case, e sporgono fuori come se fossero sospesi. Fra l'uno e l'altro omnibus, e dalle due parti, una confusione indescrivibile di carri, di carrozze, di cabs, di barrocci, di calessi, di carrette, di carrozzoni coperti d'annunzi, di trabicoli d'ogni forma, a tre, a cinque, fino a otto di fronte, i cavalli degli uni col muso contro la parte posteriore degli altri, i mozzi delle ruote che si toccano; e un continuo scansarsi a furia di serpeggiamenti, e un formarsi e disfarsi a stento di gruppi intricati di decine di veicoli da far temere ad ogni momento che scricchiolino e si spezzino tutti insieme come una sola gran macchina scomposta da un urto violento. Tra carro e carro, lungo i marciapiedi, facchini carichi, ragazzi con carrettine a mano, lunghe file di uomini con cartelloni d'annunzi appesi al collo, affaccendati a salvarsi la vita. A ogni cantonata, quel torrente immenso d'uomini e di cose trabocca in larghi canali, riceve affluenti, si spande e ristagna in piazze e cortili, filtra nei vicoli e nei chiassuoli in torti rigagnoli che si perdono fra le case. Mentre vado innanzi così, trascinato dalla corrente, sento un fischio acuto sopra il mio capo; alzo gli occhi e vedo passare un treno di strada ferrata sovra un alto ponte che accavalcia la strada. Quel treno è appena passato, odo un altro fischio da un'altra parte; e vedo trasvolare un altro treno sopra i comignoli delle case laterali. Nello stesso momento, dalla parte opposta, esce un nuvolo di fumo da una larga apertura della terra: è un terzo treno della strada ferrata sotterranea, che passando un istante all'aperto, fischia un saluto alla luce. Arrivo all'imboccatura di una larga strada: vedo in lontananza il Tamigi, i ponti; su quei ponti altri treni che si seguono e s'incontrano; sotto gli archi, battelli a vapore che passano inchinando i tubi come grandi alberi curvati dal vento, lunghe file di barconi, rimorchiati da piroscafi; sciami di zattere e di barchette; e lungo le spallette dei ponti processioni di gente che spariscono sulla riva opposta. Andando innanzi, altre strade di cui non si vede la fine, fiancheggiate da edifizii enormi, corse da altri torrenti di gente. E da per tutto un fracasso di ponti di ferro tremanti sotto il peso di lunghissimi treni, fischi, sbuffi di fumi, soffi affannosi sopra il mio capo, sotto i miei piedi, vicino e lontano, per terra, per aria e per acqua; una gara, una furia di cose che partono e di cose che arrivano, una continuit
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