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Aggiornato: 4 giugno 2025
Per questa giornata io fremeva ed impallidiva da due mesi, lavorando, ridendo, vivendo sotto l'imperio dell'idea fissa. Da due mesi ella palpitava come un uccello morente, nel disordine delle sue lettere; da due mesi, noi mentivamo atrocemente alle persone che ci erano state più care. Ogni azione, ogni pensiero, ogni speranza erano concentrate in quella giornata luminosa e ardente. Per andare, io ingannava un'altra donna, mia madre, mia sorella, i miei amici; io faceva venti ore di viaggio, io rimaneva sei giorni nell'albergo del paesello: per venire ella ingannava un uomo, ingannava suo padre, i suoi fratelli, i suoi cognati, sua suocera, i suoi servi, i suoi amici, si esponeva a viaggiar sola, bella e graziosa, per trenta ore di viaggio, in mezzo ai pericoli, venendo ad un pericolo di morte. Che importava tutto questo? Io l'amava e l'aspettava, ella veniva a me perchè m'amava. L'ultima settimana prima del giorno, era stato un turbine quello che ci aveva travolti; eppure, in tanto disordine di ogni cosa brillava netta, lucida, matematica tutta la combinazione del viaggio. Io conosceva a mente il mio itinerario ed il suo, e lo ripeteva sottovoce, come se avessi potuto dimenticarlo. Quei nomi di paesi, quelle ore ritornavano macchinalmente sulle mie labbra. Eppure una orribile paura mi accompagnava di sbagliare un treno, di non trovarmi, di perdere la testa, e due ore innanzi io era alla stazione, fingendo leggere, disinvolto, bevendo dei grandi bicchieri d'acqua per calmare la mia febbre. Chi ha viaggiato con me? Non so, guardavo in volto le persone senza vedere nulla. Sentivo nelle orecchie un rumorìo di voci, uno stridìo di ferro, squilli di campanelle, fischi, ma non comprendeva nulla. Non ho dormito mai, mai. Mi assopivo, talvolta nell'abbandono, nella stanchezza dei nervi troppo tesi, ma l'anima vegliava, un sussulto mi scuoteva. Quanti giornali ho trascorso, quanti libri ho sfogliato? Non mi ricordo. So che arrivato al paesello, dove ella doveva venire, mi son sentito stringere il cuore. Forse, non sarebbe venuta. Che ne sapeva io? Era così strano il modo come ci eravamo amati, così singolare il modo come ci amavamo! Non mi conosceva, non la conoscevo. Da un momento ad un altro, lei che non era nulla, era diventata tutto per me. Che donna era? Forse, non sarebbe venuta. Forse l'avrebbero trattenuta. Invano cercavo dominare questo senso invincibile di sgomento. Pure l'albergatore, un cortese e famigliare, uomo che non vedeva mai nessun forastiero, non si accorse di nulla; è vero, io era pallido, gli occhi miei vagavano, distratti, le mie mani avevano la febbre, ma sorridevo, scherzavo anche. Nei tre giorni avevo visitato il paesello, la sua chiesa gotica, la sua manifattura di lana sopra un fiumicello l
Per andarci, domandai la strada al nostro gentilissimo console, il quale mi rispose: Cammini diritto fin che non si trovi in un quartiere infinitamente più sudicio di tutti quelli ch'ella ha considerati finora come il non plus ultra del sudiciume; quello è il ghetto; non può sbagliare.
Sono sintomi gravi, cari colleghi. Tutta la cultura italiana è viziata, attossicata. E dunque, non vi rincresca, se pure avete a cuore le sorti della nostra patria, di studiare anche voi il male, di aiutare la mia ricerca. Io potrò sbagliare la diagnosi, i rimedî che suggerirò potranno sembrare inefficaci o inopportuni. Confutatemi, e riconoscerò volentieri l'error mio. Ma non cadiamo, per carit
Essa smontò ad una porta, che Giuliano le aveva descritto così bene, che neanco cieca avrebbe potato sbagliare; disse ad Anselmo che desse di volta e andasse ad aspettarla, oltre il ponte, presso certa casuccia di costa alla via; poi salì le scale, d'onde s'udiva venir giù una pedata grave e sonora di sproni.
Per non sbagliare, voltò alla prima; prese i bastioni, ed arrivò fino a Porta Venezia. Ma non s'imbattè in nessuna costruzione che gli ricordasse l'ospedale. Allora entrò in citt
E intanto che i vasetti e le tazze foggiate stavano esposte al sole nella terrazza, il Piemontese cavava fuori dalle cassette i medicamenti e li scioglieva con l'acqua, in due catinelle, dopo aver pesato accuratamente le dosi e misurata l'acqua col bicchiere graduato; tanti grammi di quella, tanti grammi di questa, col libro davanti per non sbagliare,
Nol so, signore. È dunque disabitato? No, non è disabitato; il castaldo e la governante, vi sono, a quanto credo.» All'udir ciò, Sant'Aubert si decise a rischiare un rifiuto presentandosi al castello. Pregò il contadino di servir di guida a Michele, e gli promise una ricompensa. L'uomo riflettè un poco, e disse che avea altre faccende, ma che non potevano sbagliare seguendo il viale cui accennò.
Qui c'è ogni cosa giovevole alla vita. Giusto: salvo però la maniera di vivere. Di questa ce n'è poco o punto. Come l'erba apparisce folta e rigogliosa! E come è verde! Il suolo però è gialliccio. Con una punta di verde. Non si è sbagliato di molto. No: non fa che sbagliare intieramente la verit
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