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Aggiornato: 1 maggio 2025


Nei giorni che Napoleone ritornò da Mosca, il generale Mallet una mattina evase dal manicomio di Parigi dov'era rinchiuso. Propalò la favola, che l'imperatore era caduto: da un momento all'altro la macchina di quel potente impero dispotico si rifiutò di funzionare. Funzionari e ufficiali s'inchinarono al pazzo, il quale osò dichiarare: «il governo sono io!». Il prefetto della Senna dispose la sala del consiglio, in cui si sarebbe adunato il governo provvisorio di Mallet: un ministro fu tenuto sotto catenacci e serrature; le truppe della guardia aprirono la prigione ai compagni della cospirazione. Quando l'imperatore venne a sapere con quale illimitata potenza era venuto fatto a un pazzo di comandare una mattina sulla capitale a sua posta, esclamò sdegnato: «Un uomo qui è tutto? I giuramenti, le istituzioni non contano nulla?». Era passato da allora un lungo tempo, in cui pareva che la vita parlamentare si sostenesse sulla libera cooperazione del popolo o almeno della classe dominante. Eppure la sostanza di questo stato era rimasta dispotica, il governo si teneva in lotte incessanti con l'umore mutevole della societ

Dalla finestra aperta, a quando a quando il vento della notte si rovesciava su di noi, avvolgendo la sua groppa oscena nella porpora delle tende... Noi vedemmo la lampada d'oro svenire come una bimba malata tra vaporosi lini, e dolcemente morire!... Vedemmo i casti bagliori della lampada inginocchiarsi, venendo meno, lungo i muri, come angeli preganti... e i nostri sogni s'inchinarono, malinconici e rassegnati, nel silenzio... Allora il mio folle desiderio t'apparve sguainato come una spada, e, brancolando sul tuo corpo puro, con un gesto selvaggio violentemente cercai il tepore assorbente della tua bocca. Fuori di noi, in una nera ebriet

I testimoni vennero, e s'inchinarono; l'atto fu celebrato, e i testimoni partirono, e s'inchinarono senza parole; impassibili, piuttostochè ad uomini somiglievoli ad ombre. Il tabellione mentre ripiegava i suoi scartafacci si sentiva proprio morire non isciogliendo il freno alla garrulit

Ussun vedendosi astretto mandò a quello ambasceria, et con bone parole lo amaliò mentre la notte aveva ordito e messo in punto le sue genti, et dopo riposato assaltò li tartari e mise quelli in rotta. Prese il signor dei Tartari Zagatai e feceli tagiar il capo, per lo che tutti quei popoli s'inchinarono a lui; et a questo modo si fece signor di tutta la Persia et Media, et fu nel 1469.

Ed entrambi s'inchinarono sino a terra, e le ciocche de' loro capelli s'imbrogliarono insieme. Alice proruppe in una grossa risata, e dovette internarsi nella foresta per paura di esser sentita; e quando poi tornò ad occhiare, il Pesce-Servo era andato via, e l'altro sedeva a terra press'all'uscio, stralunando stupidamente gli occhi verso il cielo.

Gli scolari di mastro Jacopo s'inchinarono davanti a Spinello. Parri della Quercia gli stese la mano, dicendogli: Amico e fratello, se vi piace. Ma gli altri non si fecero così avanti, non si buttarono via come Parri della Quercia. Saremo amici, io spero! ripeteva sommesso il Chiacchiera, rifacendo il verso del nuovo venuto. Vedete che degnazione!

"Levatevi!" urlò la Regina, e i tre giardinieri si alzarono immediatamente, e s'inchinarono davanti al Re, alla Regina, ai figli reali, e a tutti gli altri. "Basta!" sclamò la Regina. "Mi fate girare il capo." E guardando al rosajo, continuò, "Che cosa avete fatto al rosajo?" "Con la buona grazia della Maest

Lo speziale e i garzoni s'inchinarono salutando. Ella in un balzo fu all'uscio e l'aprì; ma allora, come per nuovo avviso sopraggiunto, si fermò e si rivoltò indietro: Ah! mi raccomando... Di quanto ho detto silenzio per amor del cielo!... Chè, se Grisostomo avesse a sapere che io ho chiacchierato, povera me! Non si dubiti! Stia tranquilla! Muto come un pesce!

I tre s'inchinarono leggermente, salutandosi a vicenda; ma il duca di Marana, il quale senza saperne il perchè, sentiva d'essere la testa più tranquilla della conversazione, fu il solo che si facesse a parlare.

Ecco qui la fascia d'oro così lucida, così sfolgorante, che sembra un diadema reale; mandavi su un po' di fiato per appannarla, poi strofinala leggermente col fazzolettino di battista e riponila nel suo cassetto circolare di velluto grigio. Non prima però di aver inviato un sorriso a quella notte in cui ridesti tanto, in cui quindici cavalieri con un seguito di cretinismo perfetto, ti s'inchinarono esclamando: Con quel bandeau, una vera regina! E venti altri col solito inchino, ti dissero: Con quel cerchio una bellissima Adalgisa! Come era bello e stupido il ballerino del lancier, come ballava bene, quante sciocchezze diceva! E le fandonie di quel pallido e scarmigliato poeta, afflizione della societ

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