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Aggiornato: 7 giugno 2025
Da ogne bocca dirompea co’ denti un peccatore, a guisa di maciulla, sì che tre ne facea così dolenti. A quel dinanzi il mordere era nulla verso ’l graffiar, che talvolta la schiena rimanea de la pelle tutta brulla. «Quell’ anima l
Di retro a tutti dicean: «Prima fue morta la gente a cui il mar s’aperse, che vedesse Iordan le rede sue. E quella che l’affanno non sofferse fino a la fine col figlio d’Anchise, sé stessa a vita sanza gloria offerse». Poi quando fuor da noi tanto divise quell’ ombre, che veder più non potiersi, novo pensiero dentro a me si mise,
La divina giustizia di qua punge quell’ Attila che fu flagello in terra, e Pirro e Sesto; e in etterno munge le lagrime, che col bollor diserra, a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo, che fecero a le strade tanta guerra». Poi si rivolse e ripassossi ’l guazzo. Inferno · Canto XIII Non era ancor di l
Ben sai come ne l’aere si raccoglie quell’ umido vapor che in acqua riede, tosto che sale dove ’l freddo il coglie. Giunse quel mal voler che pur mal chiede con lo ’ntelletto, e mosse il fummo e ’l vento per la virtù che sua natura diede. Indi la valle, come ’l dì fu spento, da Pratomagno al gran giogo coperse di nebbia; e ’l ciel di sopra fece intento,
Tutti li lor coperchi eran sospesi, e fuor n’uscivan sì duri lamenti, che ben parean di miseri e d’offesi. E io: «Maestro, quai son quelle genti che, seppellite dentro da quell’ arche, si fan sentir coi sospiri dolenti?». E quelli a me: «Qui son li eresïarche con lor seguaci, d’ogne setta, e molto più che non credi son le tombe carche.
Ma non cinquanta volte fia raccesa la faccia de la donna che qui regge, che tu saprai quanto quell’ arte pesa. E se tu mai nel dolce mondo regge, dimmi: perché quel popolo è sì empio incontr’ a’ miei in ciascuna sua legge?». Ond’ io a lui: «Lo strazio e ’l grande scempio che fece l’Arbia colorata in rosso, tal orazion fa far nel nostro tempio».
Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona. Amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi a vita ci spense». Queste parole da lor ci fuor porte. Quand’ io intesi quell’ anime offense, china’ il viso, e tanto il tenni basso, fin che ’l poeta mi disse: «Che pense?».
Se’ tu sì tosto di quell’ aver sazio per lo qual non temesti tòrre a ’nganno la bella donna, e poi di farne strazio?». Tal mi fec’ io, quai son color che stanno, per non intender ciò ch’è lor risposto, quasi scornati, e risponder non sanno. Allor Virgilio disse: «Dilli tosto:
La poesia spagnuola, o piú precisamente castigliana, vanta per sua prima opera il Poema del Cid, composto, a quel che pare, verso la metá del secolo decimo secondo . Allora, in mezzo alla confusione delle lingue, cagionata dalle invasioni dei barbari del nord, cominciava a pigliar forma alcuna quell'«idioma romanzo», che doveva spiegare poi tanto splendore e tanta maestá negli scritti di Garcilaso, di Herrera, di Rioja, di Cervantes, di Mariana.
Così a sé e noi buona ramogna quell’ ombre orando, andavan sotto ’l pondo, simile a quel che talvolta si sogna, disparmente angosciate tutte a tondo e lasse su per la prima cornice, purgando la caligine del mondo. Se di l
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