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Aggiornato: 7 giugno 2025


L’animo, ch’è creato ad amar presto, ad ogne cosa è mobile che piace, tosto che dal piacere in atto è desto. Vostra apprensiva da esser verace tragge intenzione, e dentro a voi la spiega, che l’animo ad essa volger face; e se, rivolto, inver’ di lei si piega, quel piegare è amor, quell’ è natura che per piacer di novo in voi si lega.

Quivi si piangon li spietati danni; quivi è Alessandro, e Dïonisio fero che Cicilia aver dolorosi anni. E quella fronte c’ha ’l pel così nero, è Azzolino; e quell’ altro ch’è biondo, è Opizzo da Esti, il qual per vero fu spento dal figliastro nel mondo». Allor mi volsi al poeta, e quei disse: «Questi ti sia or primo, e io secondo».

Ver è ch’altra fïata qua giù fui, congiurato da quella Eritón cruda che richiamava l’ombre a’ corpi sui. Di poco era di me la carne nuda, ch’ella mi fece intrar dentr’ a quel muro, per trarne un spirto del cerchio di Giuda. Quell’ è ’l più basso loco e ’l più oscuro, e ’l più lontan dal ciel che tutto gira: ben so ’l cammin; però ti fa sicuro.

O Ugolin de’ Fantolin, sicuro è ’l nome tuo, da che più non s’aspetta chi far lo possa, tralignando, scuro. Ma va via, Tosco, omai; ch’or mi diletta troppo di pianger più che di parlare, m’ha nostra ragion la mente stretta». Noi sapavam che quell’ anime care ci sentivano andar; però, tacendo, facëan noi del cammin confidare.

Ma il suo riso era una smorfia stentata, che invece di metterlo di buon umore gli faceva sentire più grande e più profondo il suo isolamento, il suo avvilimento; e , in quel bel caffè, in mezzo alla folla, sentì di esser solo, sentì di non esser "più niente" e dinanzi a quell'"osso buco alla gramolata" che non voleva lasciarsi tagliare, lo assalì profonda, amara, la nostalgia delle sue montagne.

Indi m’apparve un’altra con quell’ acque giù per le gote che ’l dolor distilla quando di gran dispetto in altrui nacque, e dir: «Se tu se’ sire de la villa del cui nome ne’ dèi fu tanta lite, e onde ogne scïenza disfavilla, vendica te di quelle braccia ardite ch’abbracciar nostra figlia, o Pisistr

Quando s’accorse d’alcuna dimora ch’io facëa dinanzi a la risposta, supin ricadde e più non parve fora. Ma quell’ altro magnanimo, a cui posta restato m’era, non mutò aspetto, mosse collo, piegò sua costa; e continüando al primo detto, «S’elli han quell’ arte», disse, «male appresa, ciò mi tormenta più che questo letto.

Quantunque, alle volte, la pazienza si perde; soggiunse l'amico, tentennando la testa. Mi hai fatto fremere, poc'anzi, con quell'"ah ?" del tuo signor Dal Ciotto. E fors'anche un po' nasale, come il naïn ebraico, non è vero? Ma tu hai fatto bene a contenerti, per la prima volta, rispondendogli un "certamente" altrettanto strascicato e più naïn di lui.

Di retro a tutti dicean: «Prima fue morta la gente a cui il mar s’aperse, che vedesse Iordan le rede sue. E quella che l’affanno non sofferse fino a la fine col figlio d’Anchise, stessa a vita sanza gloria offerse». Poi quando fuor da noi tanto divise quell’ ombre, che veder più non potiersi, novo pensiero dentro a me si mise,

Per non soffrire a la virtù che vole freno a suo prode, quell’ uom che non nacque, dannando , dannò tutta sua prole; onde l’umana specie inferma giacque giù per secoli molti in grande errore, fin ch’al Verbo di Dio discender piacque u’ la natura, che dal suo fattore s’era allungata, unì a in persona con l’atto sol del suo etterno amore.

Parola Del Giorno

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