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Aggiornato: 22 giugno 2025
Luigi XIII, Maria de' Medici, Anna d'Austria, condussero a compimento la corte quadrata e decorarono gli appartamenti. Luigi XIV non fu da meno di loro, quantunque non ci abitasse mai. Pel re Sole era quella una reggia borghese, troppo in mezzo alla bordaglia dei sudditi; e il re Sole edificava Versailles. Ma di questo più tardi.
Torquemada morì in Roma nel 1467 e gli successe un altro spagnolo, Rodrigo Borgia, divenuto poi Alessandro VI. In Subiaco le preziose opere di stampa non ricordano il suo nome, ma lo ricorda la rocca del palazzo, a cui nel 1476 aggiunse un'ala sormontata dalla torre quadrata.
Mi voltai come se m'avessero punto in un fianco, e vidi pochi passi dinanzi a me una grossa torre quadrata, di color rosso cupo, coronata di merli, con una porta arcata, sopra la quale si vedono scolpiti una chiave ed una mano.
SIRVENTESE, BALLATA, CANZONE, CANZONE A BALLO, SONETTO ecc. sono termini comuni alla musica ed alla poesia, con accenni alla PICCOLA DANZA QUADRATA DA SALOTTO. Le forme simmetriche, misurate, ripetentisi dopo dati periodi con lo stesso RITMO e con le stesse CADENZE-RIME, sono pure comuni alle due arti; IL POEMA DI DANTE e la SINFONIA DI BEETHOVEN vanno soggetti entrambi alla tirannia di una QUADRATURA DI PICCOLA DANZA BORGHESE. Non dico niente degli altri.
La saletta era quadrata e bassa, ma dipinta a scompartimenti con ghirlandette intrecciate di grappoli, sparse d'uccelletti e di conchiglie; alcuni quadroni vecchi e foschi, in nere tarlate cornici, la ornavano, dopo aver marcito per due secoli nel refettorio di qualche convento. Alle due finestre pendevano tende di percallo, di bianche fatte giallognole, che gi
Dopo una ventina di minuti, vedevamo sorgere a destra la torre quadrata del malaugurato edificio nel quale dovevamo passare tanto tempo. Svoltammo il ponte, passammo tra mezzo alla folla, infilammo il viottolo tortuoso a sinistra e, dopo pochi passi, ci trovammo alla porta del reclusorio di Finalborgo.
Ecco però i passatisti alla riscossa. Sono numerosi. Li guida il tenente colonnello Tusini, piccola barba quadrata nerissima, quasi finta sul viso bruno, nervoso, collerico. Lo segue un siciliano nerboruto e bruno, il tenente Trafficante. Il pazzo indietreggia tirando sassi. E' accerchiato. Sente il muro dietro di sè. Ha un minuto di esitazione, che lo perde.
L’antenna maggiore, più diritta e più inflessibile che un pino del monte Ida, cerchiata di argento, coronata d’un gran gallo fiammeggiante come un faro, portava una gran vela quadrata e due vele triangolari.
Le pedate s'andavano facendo più distinte e indicavano al rumore d'essere di più persone, l'una delle quali apparve al fine sul limitare della quadrata apertura: era quegli che recava la lanterna. Porse in avanti il capo pria di mettersi fuori del tutto, e portando la lanterna all'altezza del volto spiò d'intorno con sospetto; ma non s'accorgendo di Gabriele, uscì francamente dalla torre.
Sibbene in quell'anima trasparente, quadrata, vuota di ogni altro affetto, viveva l'unico ed arido sentimento del dovere. Era dovere per lei alzarsi presto la mattina, dirigere le serve che impastavano ed infornavano il pane, dare gli ordini pel pranzo, aprire e chiudere gli armadi; poi invigilare che i letti fossero rifatti, e bene rimboccate le lenzuola, che non rimanesse polvere sui mobili, che fossero battuti e scossi i tappeti. Il sabato ci era da sorvegliare la grande e complicata faccenda del bucato, seguita da quella ancora più importante dall'insaldare: si dovevano distribuire ai poveri le elemosine consistenti in danaro, panni, medicine e commestibili. Alla fine di ogni stagione conveniva fare le conserve dei frutti, rifornire le provvigioni esaurite, discorrere coi coloni, scrivere a quelli che non si erano presentati: alla fine dell'anno fare il bilancio, paragonarlo con quelli precedenti, dare i conti al padre, parlandogli cogli occhi bassi, a voce sommessa, di cifre, di affari, di nuove economie; riceverne in cambio, come unico e venale segno di soddisfazione un titolo di rendita di dieci lire e deporre sulla fredda mano di lui un bacio gelato per ringraziamento. A Pasqua ed a Natale, Silvia doveva scrivere ai parenti lontani quelle sciocche ed inutili lettere di felicitazioni, sempre con le stesse frasi; al principio dell'inverno e dell'estate scriveva ad una sarta della capitale, perchè le mandasse un abito ed un cappello, lasciando a lei la scelta del taglio e del colore; l'abito arrivava ed era chiuso nell'armadio, per uscirne solo la domenica, quando Silvia andava alla messa, la seconda messa, ascoltata in chiesa solo da poche devote. Essa leggeva nel suo libro le parole di preghiera che non trovavano alcuna eco nell'anima; la messa finiva, un grande segno di croce, ed a casa un'altra volta. Erano questi i suoi doveri; essa non trovava gusto nè noia in alcuno di essi: la carit
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