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Aggiornato: 23 giugno 2025


Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto di tua lezione, or pensa per te stesso com'io potea tener lo viso asciutto, quando la nostra imagine di presso vidi si` torta, che 'l pianto de li occhi le natiche bagnava per lo fesso. Certo io piangea, poggiato a un de' rocchi del duro scoglio, si` che la mia scorta mi disse: <<Ancor se' tu de li altri sciocchi?

Il conte Orlando e Dodone e Rinaldo, che la sinceritá non han perduta, uscir dal parlamento ognuno caldo: corrono ad Angelin, che gli saluta. Dicean: Quell'impostore, quel ribaldo di Gano, a questa volta l'ha perduta; e il povero Angelin vanno abbracciando. Piangea per l'allegrezza il conte Orlando.

Quì tacque; ed ella con sembianza oscura Per grave duolo a così dir riprese: Mentr'io timida il cor su tua ventura Dianzi piangea, dal cielo ombra discese, Ch'a' tuoi guerrier battaglia avversa e dura, E duro fin de l'animose imprese, Ed a gli assalti tuoi pianto predisse, Se quinci il campo tuo lunge non gisse.

Sotto ciascuna uscivan due grand’ ali, quanto si convenia a tanto uccello: vele di mar non vid’ io mai cotali. Non avean penne, ma di vispistrello era lor modo; e quelle svolazzava, che tre venti si movean da ello: quindi Cocito tutto s’aggelava. Con sei occhi piangëa, e per tre menti gocciava ’l pianto e sanguinosa bava.

Com'io nel quinto giro fui dischiuso, vidi gente per esso che piangea, giacendo a terra tutta volta in giuso. 'Adhaesit pavimento anima mea' sentia dir lor con si` alti sospiri, che la parola a pena s'intendea. <<O eletti di Dio, li cui soffriri e giustizia e speranza fa men duri, drizzate noi verso li alti saliri>>.

Mentre che l’uno spirto questo disse, l’altro piangëa; che di pietade io venni men così com’ io morisse. E caddi come corpo morto cade. Inferno · Canto VI Al tornar de la mente, che si chiuse dinanzi a la piet

Sotto ciascuna uscivan due grand'ali, quanto si convenia a tanto uccello: vele di mar non vid'io mai cotali. Non avean penne, ma di vispistrello era lor modo; e quelle svolazzava, si` che tre venti si movean da ello: quindi Cocito tutto s'aggelava. Con sei occhi piangea, e per tre menti gocciava 'l pianto e sanguinosa bava.

Oh ch'io ti segua, io sol, zoppo poeta, Col mio rosario e colla fede mia: "Ave, corpo mortal, in cui piangea Tra duri ceppi l'anima divina, O rozzo vaso d'un'eterna Idea, O diroccato altar, ave, o rovina! "Ave, spirto immortale, che s'inciela A terger l'ali in più sereni amori. O sfuggita da sozza ragnatela Farfalla nata per gli eterni fiori.

Fra lo stuol, che devoto ivi piangea, Lui, ch'era di quelle alme a guardia eletto verso lor di caritate ardea, Che via più, che ciascun lavava il petto. Greco di sangue, ebbe per patria Eubea, Poi crebbe in Roma, e Doroteo fu detto, E poi canuto il crin, bianco le tempie, Di Pastor sacro i sommi uffici adempie.

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