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Aggiornato: 20 maggio 2025
Isso è, isso è!... Sta parlanno cu Cristina, a 'o puntone... Facitemmenne i' a me, aggiate pacienza!... Aspettate!... Si asciuga gli occhi in fretta. Quindi continua a far mostra di pettinarsi. Si sente di fuori un colpetto di tosse, e un «buonasera» scambiato fra due uomini. A mezzo della stanza, s'arresta. Si guarda intorno, aspetta quasi che Amalia si volti e gli parli.
ATTILIO. Ed in qual troverò io quell'aria celeste che si vede in quel suo volto divino? in qual quelle suavi parole che parean uscire da la bocca de gli oracoli? dove quelli atti pieni di maestá? dove i tesori della sua bellezza? EROTICO. La pacienza fa il tutto. ATTILIO. O che debol rimedio è la pacienza! EROTICO. Fate della necessitá volontá, e passarete bene. Ma a voi, che vi detta il pensiero?
SIMBOLO. Non v'ho detto, padrone, che il vostro parlare arebbe cagionato qualche ruina? ch'essendo egli molto superbo né punto avezzo a sopportar ingiurie, con che rabbiosa pacienza ascoltava; e con gli occhi lampeggianti di un subbito sdegno, ripieno di un feroce dolore, die' di mano al pugnale e se n'è gita su dove fará qualche scompiglio.
PIRINO. «Caro mio bene, poiché non posso dirvelo a bocca, ve lo scrivo in questa carta con speranza che vi venghi in mano. Mi dispiace darvi cosí amara novella, ma soffritela con pacienza. Mangone mi ha venduta al dottore per cinquecento ducati; e comandandomi che mi fusse adobbata per andar a lui, un dolor cosí forte mi spinse il core, che cadei tramortita.
TRINCA. Non dicevate cosí allora, che, se non conseguivate la vostra Cleria, volevate andar disperso per il mondo o ammazzarvi con le vostre mani, e mi stavate con le ginocchia in terra pregandomi; e or non vi ricordate, che con le mie astuzie vi ho posto a cavallo. ATTILIO. Anzi su un asino per esser scopato per tutto il mondo. TRINCA. Pacienza. ATTILIO. Orsú, che faremo per uscir di travaglio?
DON FLAMINIO. L'appontamento è stato per la sera che viene: e credo ha chiesto il termine per non trovarsi forsi la casa in ordine; e andando cosí all'improviso, forsi li daremo qualche disgusto e forsi vi perderete di riputazione: però abbiate pacienza per un poco d'intervallo di tempo. DON IGNAZIO. Dubbito di non potervi ubidire. DON FLAMINIO. Forsi non sará in casa.
La guardia Bianchetti si volta e l'afferra per le braccia. Uh! Mamma d' 'o Carmene! Lassate 'a i'! Brigadie'!... Io so' scesa a pigliá ll'acqua!... Lassate 'a i'! Vito libera Cristina e la spinge entro la tintoria. Ch'è stato? Che robb'é? Facitece fa chello c'avimmo fa, aggiate pacienza! Ma che vulite fa? Lassatece fa 'o duvere nuosto, iammo! Ma ched'è stu duvere?
LECCARDO. Dunque taccio poiché non ascoltate con allegrezza. DON FLAMINIO. Se non con allegrezza, almeno con pacienza: di' su. LECCARDO.... Io mi accorgo che bugliva una gran caldaia d'acqua per ispiumar i pollami e spelar gli animali; fingendo stuzzicar il fuoco, vi butto dentro le testoline.... DON FLAMINIO. Or lasciamo dentro la caldaia il ragionamento di ciò.
Mo' aggia avé che fa pure c' 'a pulezia! Aggiu pacienza... Nun c'è che fa! E d' 'a mia, neh, Vi'? Addo' vaie? Addo' aggia i'? Voglio nchiudere 'a puteca e mme ne voglio i' 'a casa. 'A casa? Eh! 'A casa, sì!... E doppo ca nun ghiesse 'a casa mme l'avesse pruibbì quaccheduno? Addo' vaie? Mme ne vaco. Tu vuo' nchiudere 'a puteca e te ne vuo' i'... Mme ne vaco... E statte bona...
PANIMBOLO. Chetatevi e abbiate pazienza. DON FLAMINIO. La pacienza è cibo o de santi o d'animi vili. PANIMBOLO. E voi amate senza goder al presente ciò né sperar al futuro. DON FLAMINIO. Almeno, se non ama me, non ama don Ignazio, e non la possedendo io non la possiede egli. Quella sua onestá quanto piú m'affligge piú m'innamora: io non posso odiar il suo odio, godo del suo disamore.
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