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Aggiornato: 20 giugno 2025
CINTIA. Chi è «questa umilissima mia serva»? quella corteggiana dell'altro giorno di cui mi ragionaste? AMASIO. Il malanno che Dio li dia! è la vostra umilissima serva Amasia. CINTIA. Costei è degnissima mia padrona. CINTIA. Che dunque mi comanda ella?
Misurava la camera a passi ineguali: era vivamente preoccupato e pareva assai inquieto del colloquio che in quel mentre seguiva nel salotto. Sempre fisso nell'idea ch'egli fosse la causa prima di tutto il malanno, io attribuivo la sua agitazione al rimorso. Sedetti accanto al camino e tacqui. La nostra attesa non fu lunga,
PARDO. E a te dia Dio il malanno e la mala pasqua. GULONE. Par che siate adirato meco. PARDO. Toglimiti dinanzi, che mi vien voglia farti cader da bocca cotesti tuoi denti. GULONE. Poca offesa t'han fatto sempre i denti miei. PARDO. Me l'ha fatta la tua lingua. GULONE. La mia lingua v'ha sempre lodato. PARDO. Le lodi ch'escono dalla lingua di un par tuo, son vergogne degli uomini da bene.
E sebbene, per quanto a ogni poco gli dicessero, non avesse mai voluto ballare, pure se lo tenevano in mezzo quegli amici a cui aveva in cuor suo augurato cento volte il malanno.
State, messeri, in nome di Dio! gridò Barnaba Adorno. La giuggiola di Paolo è toccata alla nostra mensa; ma altro di peggio non può fare oramai. Raccattiamo almeno qualcosa! disse Paolo, chinandosi a terra, dov'erano sparpagliati tra i cocci gli avanzi della cena interrotta. Ecco giusto uno spicchio di pollo, che non me lo mandano più a male i Fregosi, che il malanno li colga!
Perché mi parli cosí mozzo? parla col tuo malanno! LALIO. O Dio, che se lo dico, Olimpia ha giurato di volermi ammazzare. SENNIA. E se non lo dici, ti ammazzarò or ora. Quello d'Olimpia ha da venire, ma il mio sará adesso, al presente. LALIO. Io non lo dico, avertete. Quando voi mi diceste che stessi in camera, io me ne uscii per vergogna. SENNIA. Di che cosa? LALIO. Di quel che viddi.
REPETITORE. Sei Malfatto nostro? MALFATTO. Sono el malanno che Dio te dia! REPETITORE. Domine, el vostro insolente pincerna si è prostato in terra come un cadavero. MALFATTO. Hai veduto che sempre «va' via, va' via»? REPETITORE. Oh Malfatto! Fuggi, ch'ecco el maestro. MALFATTO. Alla fé, ch'io ho deliberato trovarme un altro garzone, ché non voglio stare piú con lui.
I casi che mi erano accaduti antecedentemente mi rendevano sempre più convinto, che a voler che un'impresa vada per il suo verso, è necessaria un pò di gesuiteria, e che una persona che crede di andare avanti colla buona fede, e collo spifferare tutto quello che ha sullo stomaco, in generale finisce coll'avere il male, il malanno e l'uscio addosso.
Io pure continuò il principe senza porre mente alle parole del fratello io pure, io, voleva sapere. O' saputo; ò visto. Alessandro impallidì e traballò. Ebbene soggiunse il principe poichè vi aveste il malanno di avvicinare le vostre labbra a questa coppa di fango e di lagrime, cioncatela tutta, fino alla belletta. Sappiatevi il resto.
Senza Ugo, sì: e mio nipote ascolti: Ildebrandino andò al fondo di torre dove sapeva che era stato chiuso Guidello: lo trovò rabbioso di fame, lo trasse su, lo fece rifocillare, poi lo accommiatò così: Va, araldo del malanno, tromba di vergogna. Io ti lascio e ti comando questo: torna al tuo signore e digli che con Ildebrandino c'è Oberto.
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