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Aggiornato: 2 maggio 2025
Certo ará scoverto qualche cosa di Lampridio e n'ha rabbia e dispetto. SENNIA. Vien qua presto! che borbotti? MASTICA. Avertete, padrona, ch'io non ho colpa nessuna nelle cose di vostra figlia, avertete. SENNIA. L'escusarsi senza bisogno è un manifesto accusarsi.
Perché mi parli cosí mozzo? parla col tuo malanno! LALIO. O Dio, che se lo dico, Olimpia ha giurato di volermi ammazzare. SENNIA. E se non lo dici, ti ammazzarò or ora. Quello d'Olimpia ha da venire, ma il mio sará adesso, al presente. LALIO. Io non lo dico, avertete. Quando voi mi diceste che stessi in camera, io me ne uscii per vergogna. SENNIA. Di che cosa? LALIO. Di quel che viddi.
MASTICA. Ma avertete che bisogna star un anno in banchetto per ristorarmi della paura presa per avermi cacciato di casa senza cagione e senza mangiare. SENNIA. Eh! dilla su. MASTICA. Olimpia è maritata... SENNIA. È maritata la mia figliuola? MASTICA.... con un gentiluomo... SENNIA. Chi gentiluomo? MASTICA.... che s'era finto vostro figliuolo. SENNIA. La mia figliuola è maritata?
SENNIA. Dimmi, che vedesti? Oh quanto mi fa penar questo ghiottarello! presto, che ti possi fiaccare il collo! LALIO. Avertete ch'io non dico che il fratello e la sorella stavano abbracciati insieme; né mai Olimpia diceva: Fratel mio! che il fratello con un bacio non le togliesse di bocca le labbra, la lingua e la parola insieme. Poi dissero che si volevano far fratelli e sorelle carnali.
Quando apersero, stava Olimpia avampata di foco in faccia e s'accomodava i capelli; e mi domandò di voi e, io dicendole che non l'avea vista se non io, giurò che, se diceva alcuna cosa di questo fatto, m'ucciderebbe: e però non ho voluto dir niente, avertete. SENNIA. Taci, vattene su e non cicalar a persona del mondo ve', se non che ti trarrò la lingua insin dalla gola, sai.
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