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Aggiornato: 2 giugno 2025


Dieci anni dopo venivano introdotte in Palermo per opera di G. A. De Cosmi, ch’era andato a studiarle a Napoli presso i Celestini di Germania, le scuole normali. Le prime tre ebbero posto ai Crociferi, al Palazzo reale ed alla parrocchia di S. Antonio. Dicevasi la nuova istituzione di non esser proprio la tedesca; il De Cosmi avervi apportate tali modificazioni da mutarne lo stampo originale, anzi averne senz’altro snaturato lo scopo, ch’era quello di dirozzare ed istruire il popolo. Malgrado queste ed altrettanti dicerie, le scuole vennero prese d’assalto. Nei soli Crociferi si contarono fino a cento e più alunni. Quaranta frati siciliani, che col De Cosmi erano andati ad istruirsi nel nuovo metodo a Napoli, furono tutti collocati nell’Isola, paghi del modico loro salario: e De Cosmi ne tenne la Direzione generale in Palermo, così come la Deputazione superiore teneva quella dell’insegnamento alto: due direzioni indipendenti l’una dall’altra, dipendenti solo dal Governo⁴³⁰. Il solito leggere, scrivere, far di conto e l’indispensabile catechismo ne era la base. Il latino, ritenuto allora indispensabile a qualunque studente, e che per una assurdit

Salutem ex inimicis nostris, lo dice il testo latino. Se il nostro ottimo cavaliere si apponesse, prendendo l'ispirazione dal nemico, giudicate voi, o lettori, da ciò ch'egli scrisse al ministro: "Eccellenza,

Or dunque, mentre io m'apparecchio responderti, di' suso quel tuo promesso endecasillabo: o latino o lombardo che si sia, non voglio di cotesto piú teco disputare. Proprium vanitatis.

Ma non è vero, non è vero ciò ch'Ella dice; esclamò la signorina Wilson, mentre passava davanti a me attraverso il fogliame delle carpinelle. Per un uomo che sa il latino, soggiunse, prendendo coraggio dall'andar che faceva senza guardarmi, sono idee molto... molto... mi aiuti a dire? Stravaganti.

Perciocché i fatti sono che la Spagna e l'Italia, le cui lingue serbano piú latino, ebbero piú invasori che non Francia; e che in questa n'ebbe forse piú la parte meridionale la cui lingua d'oc serbò parimente piú latino.

Ho veduto tra' Mss. della Biblioteca reale di Francia, nel volume segnato 6,069. V. un manoscritto latino del secolo XIV che porta il titolo: Incipit liber philosophorum moralium antiquorum et dicta seu castigationes Sedechie, prout inferius continetur, quas transtulit de greco in latinum magister Johannes de Procida. È una raccolta o compendio delle massime che correano sotto i nomi di Sedecia, Hermes, Omero, Solone, Pitagora, Diogene, Socrate, Platone, Aristotile, Alessandro, Tolomeo, Gregorio, ec., e finisce con un capitolo, intitolato Sapientium dicta. Io la credo piuttosto una compilazione che una traduzione. Il titolo di magister mi accerta della identit

Egli, dando ordine che si scrivessero in lingua castigliana gli atti pubblici, che infino allora erano stati sempre compilati in latino, aggiunse stimoli al miglioramento ed alla diffusione della lingua nazionale e giovò a' progressi d'una nazionale letteratura.

Il testo latino ha qui una lacuna, ma l'esempio offerto dall'autore è gi

Nessuno osò più interrompere il signor commissario, che era montato sul pulpito e voleva far la sua predica, anche col testo latino, come avrebbe fatto Don Pietro.

I vostri Arabi, così gentili ricamatori della parete, così scaltri mascheratori dell'arco, derivano dai Bizantini; i vostri Gotici, amici del sesto acuto, che fa risparmiare la fatica delle cèntine sapientemente girate in aria, ingegnosi dissimulatori dei contrafforti e dei puntelli che tengono ritte le loro cattedrali, hanno l'arte di seconda mano dai Lombardi, scaduti e poveri, ma dopo tutto familiari copisti dello stile latino.

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