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Aggiornato: 13 luglio 2025
Un interlocutore che avesse amato il frizzo come lo amava il vecchio Malatesti, avrebbe colta a volo l'occasione per dire che la moglie non gli ricambiava la cortesia. Ma il nostro Gino pensava a tutt'altro. Egli rivide in nube la lettera di Emilio Landi e fremette. Mi sarei dunque ingannato? pensò. Quella lettera sarebbe stata scritta... sotto la dettatura di lei?
Vi ha incaricato di ciò, Lesarini? chiese Emilio Landi al vecchio cavaliere, al drago della contessa Elena. Siete un uomo fortunato, voi! Ma ecco.... soggiunse, con un risolino arguto il giovanotto, ecco un suon d'armi, che annunzia un cambiamento di guardia. Dite un rinforzo! notò la contessa, che aveva udito anch'ella un tintinnìo di sciabola nel corridoio.
«Io, come puoi bene immaginarti, le ho chiesto subito il permesso di mandare a te questa buona notizia. Era una consolazione per me, poichè mi era dato di associarmi in qualche modo alla sua buona azione. Fate pure (mi ha risposto) purchè la notizia non abbia l'aria di venire da me, e sopratutto purchè il Malatesti non sappia che ho fatta questa parte per lui. Ma perchè questo? domandai. Il perchè mi par chiaro; voi stesso, Landi, avete decorato del nome di buona azione ciò che ho potuto ottenere io, seguendo l'impulso di un'amicizia costante. Ora, delle buone azioni è bene sentir gli effetti, senza conoscerne l'autore; lasciatemi il gusto della modestia, che mi procurer
O il conte Nerazzi, dunque, o il marchese Landi. Qui il nostro Gino Malatesti ricordò in buon punto la prima lettera ricevuta dal suo confidente Giuseppe. «Mi pare (scriveva il buon servitore) che la sua condanna abbia raffreddato molte persone, di quelle che V. S. credeva più amiche, e con le quali andava più spesso. Il conte Nerazzi, per esempio, e il marchese Landi, quando ho dato loro un cenno del suo viaggio, mi hanno risposto con un semplice monosillabo. Sar
Il grazioso Lesarini interruppe quel sapiente monologo, ritornando nel palco. Ebbene? gli chiese la contessa. Nulla, rispose egli. Un semplice capogiro; forse effetto del caldo. E dov'è, ora? Qui nel corridoio col Landi; ritorna subito. Alla contessa importava poco che suo marito ritornasse, o restasse fuori dell'altro.
E chi, di grazia? Il marchese Landi. Come lo sapete? Ho una sua lettera, in cui non fa che parlarmi della marchesina, dei suoi vezzi, dei suoi trionfi di societ
Il conte Nerazzi era un bel giovane; ma, per mentire in qualche modo al suo nome di famiglia, aveva i capegli rossigni. La marchesa Polissena, che li aveva di un bel biondo acceso, poteva amarli rossigni? Le simpatie, ordinariamente, non si formano sulla somiglianza del colore, e meno ancora nel sopraccolore, che rende più intensa una tinta e la esagera. Il marchese Landi era bruno, ed anche leggermente più stupido del Nerazzi: due ragioni forse per piacer di più alla marchesa Polissena. Qui il conte Gino faceva un gran torto a se stesso, poichè egli era piaciuto prima di quell'altro alla dama, e il suo ragionamento gli portava per conseguenza legittima un grado maggiore di stupidit
Orbene, quella ragazza è una Guerri, di Fiumalbo, cugina dello sposo, e venuta a Modena, per assistere alle nozze. Il conte Gino, sulle prime, non aveva badato al discorso del Lesarini. Non avea neanche udito il nome dei Guerri; udì invece il nome di Fiumalbo, e si scosse. Che c'è? domandò egli. Che dite di Fiumalbo? Ah sì! esclamò il Landi.
Ma per allora, essendo in principio di spettacolo, non si vedevano che due cavalieri, nel palco della contessa Elena. Suo marito era in visita, e di quei due che vi ho accennati uno era il marchese Emilio Landi, che conosciamo per una sua lettera dai bagni di Lucca. In verit
Andato il Lesarini a prender lingua, la contessa Elena seguitò la rassegna col Landi, e il giuoco innocente delle occhiate col De Wincsel. Ma tratto tratto guardava anche verso il palchetto della sposa Campolonghi, e quante volte puntava da quella parte il binocolo, tante vedeva lo sguardo della sconosciuta rivolto su lei. Andiamo via! diss'ella finalmente in cuor suo.
Parola Del Giorno
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