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Aggiornato: 23 giugno 2025
Dovea rubare Ipalca a Bradamante per le bisogne non so qual contante. Sapea dove la moglie di Ruggero teneva piatta una sua borsa d'oro. Ipalca aveva un occhio di sparviero, e brievemente le ciuffò il tesoro. E un sabbato di notte all'aer nero fu data esecuzione a quel lavoro, e la «filosofessa» fu imitata sino a un peluzzo, alla fuga ordinata.
Bradamante è caduta in sfinimento; don Guottibuossi corre per l'aceto; Ruggero è saggio e prova un gran tormento: volea gridar, voleva starsi cheto. Marfisa seppe il fatto e, come il vento, spedisce Ipalca al guascone in secreto a dirgli che, se il mondo rovinasse, ella gli vorria bene, e ch'ei l'amasse.
Ecco un che gentilmente al palco picchia: è il ciurmador che avuto avea l'avviso. Marfisa nel tabarro s'incrocicchia, mettendo pria la maschera sul viso. Si desta Ipalca, e anch'ella prestamente s'è mascherata alquanto goffamente.
Ipalca, finta moglie, avea la guancia talor di carta e di color peggiore, e alle sciarre, a' cimenti, alle contese, vanta un suo voto che le avea difese.
Benedetto il caval che l'ha colpita con quelle peta all'uscir del portone, che fe' alle genti far quella risata e ritirar la dama svergognata. Marfisa, Ipalca e il postiglion che trotta, aveano fatta giá la prima posta. La dama al postiglion la testa ha rotta, che a chiederle la corsa le s'accosta.
A buon vederci: soffra e stia in riguardo. Poi se ne va sonniferoso e tardo. La dama va in furor, dietro gli grida, lo chiama dottorello ed ignorante; e perché son di femmina le strida, Stupefatto il dottor volse il sembiante. Guarda Ipalca nel viso, e par che rida, e disse: Questo è un musico e arrogante; e poi senz'altro dir scende le scale: Marfisa vuol scagliargli l'orinale.
Quando partia, Marfisa diligente Ipalca gli spedia senza riposo, e sali, e dolci accuse si mandavano, e viglietti infocati che fumavano. Terigi in casa non trova la sposa, e s'anch'ell'era in casa, ella non v'era. Ognuno al meschinel narra qualcosa, e s'inventava, ed egli si dispera.
Faceva Ipalca il grugno di bertuccia e rannicchiava il collo nelle spalle, co' detti di Marfisa si coruccia, di Giosafat rammemora la valle. Un riso alla bizzarra fuori smuccia, dicendo: Vatti appiatta nelle stalle. Come concordi, beata Verdiana, la santitá col farmi la ruffiana? Oh, Maria del rosario! rispondeva Ipalca io tutto fo per un buon fine.
Basta, giustizia è stata sempre illesa, ch'anche Angelin da' gran persecutori trasse alla fine, e mi convien pur dillo, d'un voto, ma custode del sigillo. Credo però anterior fosse una patta: Turpin dubbioso lascia questo fatto. Marfisa pel furor fu quasi matta: si chiuse nel zendale, e di soppiatto tra gente e gente va fuggendo ratta. Ipalca l'ha perduta qualche tratto.
Di quel sospetto nulla piú fa sdegno a Ipalca, che il sentire il traditore si fosse sottomesso all'atto indegno di dar la mano a una cantante e il core. Che sia ruffian diceva io mi rassegno, ho pazienza che sia ciurmadore; ma che una cantatrice sposata abbia, santissimo Gesú, questo fa rabbia. Io mi sento agghiacciar piú che nel verno.
Parola Del Giorno
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