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Aggiornato: 10 luglio 2025


Quando non si è poeti!... esclamò Gino. Quando non si è poeti... si diventa; rispose la fanciulla. Non basta una forte commozione a schiuder la vena della poesia? Eh! per il sentimento, capisco. Il sentimento è tutto, o quasi tutto; replicò Fiordispina. Ma un po' d'arte non guasta, anzi è necessaria; disse Gino. E questa non la d

Fiordispina Guerri non aveva più facile il sorriso, la parola lieta; e di ciò si doleva profondamente, ma non le era dato mutarsi. Pronta a tutti gli sforzi morali che non dimandassero gaiezza di umore, quando vedeva i suoi troppo accigliati, andava a sedersi davanti al pianoforte e ripassava la sua musica, senza scegliere, come le veniva alle mani.

Quel giorno, sotto la vetta del monte, Gino Malatesti incise tre nomi sulla corteccia di un faggio: il nome del Poeta su in alto; più sotto il nome di Fiordispina ed il suo. Oh, non c'era pericolo che facesse errori, scrivendo il nome di lei! Questi malanni non occorrono che in sogno.

Fiordispina calò a terra il suo piccolo beniamino, che seguitò a sgranocchiare, come se nulla fosse; quindi, risollevata la persona, si tirò con molta naturalezza due passi indietro. Dunque, diss'ella, rompendo il silenzio, le piace la mia famiglia? Signorina, rispose Gino, scuotendosi, tutto ciò che la circonda mi piace. Complimenti? Io? Non so farne.

Aminta ed Orlando lo seguirono fuori, cercando di consolarlo. Gino abbracciò lo zio di Fiordispina; poi salì a cavallo e partì, accompagnato dal fratello di lei. Si volse alla casa, salutò ancora la famiglia, che si era affacciata sul terrazzo per dargli l'ultimo addio, sventolò il fazzoletto, fino a tanto la strada diritta gli permise di vedere i suoi ospiti, gli amici suoi, il suo tutto.

Bella, quantunque assai triste; rispose la fanciulla. Ma ho veduto che in letteratura è quasi sempre così; il lieto fine par sempre meno artistico, ai signori scrittori. In una leggenda, del resto, disse Gino, il pauroso e il patetico son sempre di regola. Da bravo! saltò su a dire Fiordispina. La metta in versi, come Le ha consigliato Don Pietro. Anche Lei, signorina? Anch'io; perchè no?

Ah! esclamò egli, entrando nella sala. Loro signori se la ridono? Ebbene, non c'è da ridere. Se un agente del governo ducale udisse questa musica, ci sarebbe un processo per tutti. Dobbiamo cessare? domandò Fiordispina. No, continuate, figliuola mia. I primi Cristiani si ritiravano a pregare nei loro sotterranei, ma non interrompevano neanche i loro inni per l'avvicinarsi dei pretoriani.

Dica Lei, signor conte; mormorò Fiordispina, a cui era rivolto il discorso di Don Pietro. Non l'oserò mai; disse Gino, che avrebbe dato volentieri il nome della fanciulla. Bene, vedrò dunque io d'interpretare il suo pensiero; rispose Fiordispina. Facciamo una cosa alta, non è vero? Siamo in alto per questo; disse Don Pietro.

Aminta fu più aspro e più schietto. Meglio tutti noi in carcere e la casa in rovina, se potevano trovarci in colpa per amor di patria; ma egli doveva mantener la sua fede. Anche Fiordispina seppe ogni cosa; ma non volle essere consolata. L'avevo immaginato; diss'ella. Il conte Gino è infelice, io gli ho perdonato. Non mi si dica più altro.

E notate che lo vedeva solamente all'ora del pranzo; ma che in quell'ora, diventata lunga su tutte le altre del giorno, il signor Ruggero stava seduto alla sinistra di Fiordispina. Erano cugini, erano i più giovani della compagnia, e niente era più naturale del vederli seduti vicini a tavola; ma perchè una cosa piaccia a tutti, non basta ch'ella sia naturale.

Parola Del Giorno

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