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Intanto Roberto conduceva la signora Laura verso la strombatura di una finestra. Signora, vi chiedo scusa, ma gi

E anch'esse erano come la prima; ingenue come l'ignoranza, calde come la giovinezza. La corrispondenza continua. Compaiono sull'orizzonte due altri pretendenti al cuore di Emma Il lettore desidera molto probabilmente ch'io gli dica, che dopo quelle prime tre lettere lanciate da una finestra all'altra, ella non ne ricevette altre.

E ogni mattina, rinfrancato dalla luce che avea veduta nella notte, ritornava ansioso a spiare se da qualche indizio poteva capire che l'Adele cominciava ad alzarsi, o se almeno il medico le avesse permesso, in una bella giornata di sole, che le aprissero la finestra. Ma invece la fanciulla non si alzava mai, e la finestra era sempre chiusa.

E stava per dire dell'altro, il nostro sottoprefetto, perchè veramente non ci vedeva più lume. Ma una voce argentina lo richiamò in carreggiata. Cavaliere, venga qua; diceva la signorina Adele. Venga a dare il suo giudizio su questo bozzetto. Oh, bello! si degnò di esclamare il sottoprefetto, dopo aver dato una guardatina alla tela che stava sul cavalletto, nel vano della finestra. Che cos'è?

Ora non fu poca la meraviglia, anzi lo stupore della signora Zita degnissima, quando vide il letto deserto e non ancora toccato. La povera donna strabiliò addirittura, allorquando, nel voltarsi a caso verso la finestra, gli venne veduto il padrone, ancora imbacuccato nella sua veste da camera, colle braccia abbandonate sulle ginocchia, il capo appoggiato contro la spalliera del sof

La freschissima brezza marina entrava dalle quattro finestre di quel lungo salone: appoggiato alla finestra, Fulvio guardava il mare, come assorbito. Ora Paola offriva le sigarette ai giovanotti e alle signore che osavano fumare. E la mano che porgeva il porta sigarette era così bianca, così pura di linee, che Fulvio sentì struggersi di tenerezza.

Matteo continuò a sospirare e a metter ordine nella roba del salotto. Numa si era arrischiato di venir fuori, dall'ombra. Accosciato, diritto, in mezzo alla stanza, guardava il padrone e aspettava sempre il momento di fare un salto, movendo, strisciando la coda per terra, come una biscia. A un tratto si fermò un brum, sotto la finestra. Taddeo! Taddeum che ritorna!

ERASTO. Ogni contento e felicitá che posso aver in questa vita è la tua presenza, anima mia! CINTIA. M'avete comandato per Cintio, vostro fidelissimo amico, che fusse venuta qui in finestra: ecco vi ubbedisco, perché la vostra bellezza è fatta padrona del cor mio, ogni vostro desiderio è fatto padron del mio. ERASTO. E quando io potrò compensarle cotanta cortesia?

Fa bel tempo oggi disse la cameriera dell'albergo entrando nella stanza. E aprì la finestra. Dirimpetto, la facciata del Palazzo Marino era illuminata dal sole.

Paolo Renaldi, di cui Luigi Gualdo ha scritto la trista decadenza, è un ambizioso. Passa le notti studiando, oltre le materie proprie della sua professione di avvocato, tutte le questioni di filosofia, di storia, di filosofia della storia, di scienze politiche e sociali: "Nella solitudine, nel silenzio, mille speranze gli facevano battere il cuore: si metteva talora alla finestra e gli pareva, nel vento fresco della sera che gli lambiva i capelli, sentir passare come un soffio di gloria. Guardava il cielo stellato e la strada fangosa, e da quella altezza (di un quarto piano) per adesso una ironia gli sembrava scorgere una promessa di dominio; gli pareva, con la fervida e studiosa mente, sovrastare sulla citt