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Aggiornato: 27 maggio 2025


«Tra il vagone cellulare e la carcere di sosta, mi trovai accoppiato con questo sciagurato. È piuttosto alto che basso, è snello ed ha un non so che sulla grinta che pare della malizia diffusa sulla faccia di tutti i galeotti. «Mi raccontava che aveva lasciato il bagno penale di Finalborgo e che la sua nuova destinazione era Barletta.

Turati aveva una pallida speranza di rimanere al Cellulare con la compagna della sua vita o di andare a Pallanza, dove la sua buona mamma avrebbe potuto andarlo a vedere di tanto in tanto senza fare un lungo viaggio. Romussi aveva paura di ritornare a Finalborgo, un luogo maledettamente umido, lontano da Milano, ove gli sarebbero ritornati i dolori artritici. Federici era considerato il fortunato dei fortunati. Lui aveva gi

I primi, col nuovo codice, devono scontare la condanna senza parlare; i secondi, col codice vecchio, possono conversare sottovoce tra loro. Il reclusorio poi deve essere a celle. E nel reclusorio di Finalborgo non ci sono che cubicoli, banchi di rigore e celle di punizione in Torretta.

Lo abbiamo comandato a Finalborgo e ci hanno rinviati a Milano. Alle due e mezzo della notte del 4 settembre il capoguardia andò nelle celle dei condannati politici a dir loro di alzarsi in fretta che si doveva partire. Alle tre si trovavano nell'ottagono Romussi, De Andreis, Federici e Valera. La cella di Turati era illuminata. Vennero ammanettati e cellularizzati nell'omnibus che li aspettava.

Fisicamente è più corazziere che sacerdote. È un bell'uomo alto, spalluto, con un petto che traduce la sua salute di ferro, piantato su due gambe poderose, che fanno tremare le pareti della quinta camerata di Finalborgo quand'egli passeggia concitato o disperato di sapersi un leone in gabbia. La dieta della fame non è riuscita a smagrarlo, o a chiazzargli di lividure le guance voluminose, o a fargli nascere delle rughe sulla fronte. I suoi 52 anni sembrano 38. Ha la carnagione di un prelato in fiore, gli occhioni luminosi che rivelano la bont

Egli è stato eletto deputato mentre era nel reclusorio di Finalborgo e Forlì continuer

I primi possono infiammare o eccitare i galeotti fino all'omicidio l'odio personale può erompere con una morsicata che mangi via il naso o strappi fuori un orecchio o lasci un guazzo sanguinoso nel collo e la vendetta specialmente tra i delinquenti del Mezzogiorno, quali erano quelli di Finalborgo si compie quasi sempre con lo «sfiguramento». Vale a dire facendovi uno sberleffo che vi renda orribili tutta la vita, come la celebre fioraia milanese scomparsa dalla scena col viso illustrato dal rasoio di un malnato.

Uno di questi ammutinamenti è avvenuto poche settimane sono nella casa di pena di Padova. L'ultimo di Finalborgo è sotto la data del 3 gennaio 1896. Il direttore Codebò aveva assunta la direzione del reclusorio nell'ottobre del 1895.

Il mio viaggio da Finalborgo a Milano, per subire un altro processo, mi ha dato modo di studiare una delle pagine più dolorose della vitaccia del bestiame che passa da una galera all'altra. Ricordo tutto, come se fosse adesso. Era il 27 luglio, una giornata afosa.

In generale il forzato, come lo abbiamo conosciuto noi, è buono. Nella zona della espiazione diventa un fratello che si intenerisce dei vostri dolori e vi rincuora alla speranza. A Finalborgo c'è stato un tempo in cui adempiva alla funzione pietosa d'infermiere Alfonso Carbone, un capo brigante che aveva della iena e che mutilava le sue vittime attorcigliandosi le loro budella intorno la mano. In infermeria, lo si poteva dire una suora di carit

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