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Bologna, Ancona, Perugia, Civitavecchia, Ferrara, Ascoli, Cesena, Fano, Faenza, Forlì, Foligno, Macerata, Narni, Pesaro, Orvieto, Ravenna, Rieti, Viterbo, Spoleto, Urbino, Terni, duecento sessantatrè municipî mandarono a Roma indirizzi, dichiarando in nome dei popoli che l'abolizione del potere temporale e la repubblica erano condizioni di vita allo Stato.

Perché in certe scritture, corse giá tempo in Roma sopra queste materie, ho veduto essere stato ventilato da una congregazione di prelati e cardinali, fra le altre cose, se per sesini di Bologna, Ferrara, Roma bastassero 35 mila scudi; e trovo che il zecchiero di Roma in que' tempi, che fu sotto Innocenzo decimo, era obbligato non batter di tal moneta altro che 200 scudi all'anno, per supplemento a quella che andava mancando.

MERLINO. Se per mezzo de la menzogna tu intendi la veritade, perché mentitore mi fai? LIMERNO. Mentitore sei per certo. MERLINO. , ma verace. LIMERNO. Qual veritade ho io giá inteso per la bugia testé fatta? MERLINO. Perché Ferrara cortesa non per mosche o tavanelle mi è a noia, ma perché ivi raccoglionsi lor vini su le groppe de le rane.

La inondazione del Tevere, a cui si allude, accadde al ritorno di Clemente VIII da Ferrara, ch'egli aggiunse ai dominii della Chiesa, il 23 dicembre 1598.

FLAMMINIO. Io ti giuro, per la virtú di quel sole che tu vedi in cielo, e ch'io non possa mai comparire dove sien gentiluomini e cavalieri par miei, s'io non togliesse prima per moglie questa tale, ancor che fusse brutta, ancor che la fusse povera, ancor che la non fusse nobile, che la figliuola del duca di Ferrara. CLEMENZIA. Questa è una gran cosa. E cosí mi giurate?

I più celebri capitani dell'epoca, quelli che dovevano illustrarsi nel gran secolo di Carlo V, spagnoli, francesi, italiani, tedeschi, il fior fiore dell'aristocrazia, tutti presero parte alla battaglia. Un grande poeta, l'Ariosto, si trovava nel campo del duca di Ferrara, e colui che più tardi doveva essere papa Leone X, allora legato, fu fatto prigioniero.

Alla difesa della posizione Ambelicopoli stava la batteria Lentulus, rafforzata da un battaglione di corpi pontificii, di un battaglione di svizzeri e dalle compagnie di Mosti di Ferrara e Fusinato di Schio e del Tirolo italiano. Fu un accanito scambiarsi di palle, di granate, di razzi e di fucilate con esito micidialissimo. Alle 2 pomeridiane il Marchese d'Azeglio comandava un attacco alla baionetta contro i nemici occupanti la collina opposta; il combattimento a corpo a corpo fu accanito, micidiale sopratutto per i nostri che avevano di fronte forze quattro volte superiori; vi rimasero feriti lo stesso d'Azeglio e il colonnello Cialdini, e l'esito infelice fu la causa della perdita della nostra posizione al Monte Berico: i nostri costretti a ritirarsi furono inseguiti da cinquemila cacciatori ed Ungheresi senza che la nostra batteria potesse arrestarli con fuoco a mitraglia per non colpire i fratelli inseguiti d'appresso; giunti gli Austriaci a passo di corsa fino ai nostri, come una valanga li rovesciarono giù dal Monte; tentarono ancora i bravi italiani di fare resistenza sul Monte della Madonna e per i portici, ma tutto inutile, che dovettero ripararsi in citt

Vedete come al papa non comporta che, passati i confini di Romagna, Modana al duca di Ferrara toglia, qui si fermi, e 'l resto tor gli voglia: 39 e fa, all'incontro, a lui Bologna torre; che v'entra la Bentivola famiglia.

«Giovanfrancesco Pico dalla Mirandola, figlio di Galeotto fratello di Giovan Pico, era nato, dice il Tiraboschi, nel 1470. Attese agli studj in Ferrara, dove di molto aiuto dovette essergli l'assistenza e l'esempio del suo zio Giovanni, che ivi fece lungo soggiorno.

Tre giorni prima era tornato trionfante da Ferrara dove aveva preso possesso degli Stati di Casa d'Este. Pubblicò la bolla De luctuosa Tyberis e ordinò pubbliche preghiere.