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Aggiornato: 12 giugno 2025
PANURGO. A casa, senza far altro, accioché quando stimi che cerchi le cose, mi trovi a casa. ESSANDRO. Burli? di grazia, vola. PANURGO. Dammi l'ale, che volarò. Non dubitate, sarò io colá prima che voi. Ma prima vedrò se potrò trovar Alessio per le vesti. ESSANDRO. Io fra tanto farò il segno, poiché non è in fenestra. Fis, fis. La sento venire.
Tratterrò in tanto Lúcia, ché non venisse a sorte a la fenestra e guastasse la torta. Oh! co! co! co! FILOCRATE. Abbi speranza in donne! abbi in lor fede! credeli il paternostro! Ahi reo costume! Chi tanto ha posto in voi di falso e vano? tanto di crudo, iniquo, acerbo ed empio? Chi vi ci fa suggetti? Ma che!
Non vi sète accorto che mentre avete ragionato col fratello, che v'ha vagheggiato dalla fenestra?
EROTICO. Potrei esser privo di giudizio e di valore in ogni cosa, ma non in quello dove si tratta del suo serviggio. BALIA. Guardate, che vi sta mirando dalla fenestra e vi fa l'occhino: salutatela e mandatele un bacio, se la volete rallegrare. EROTICO. Ecco, la saluto e la bacio. BALIA. Non vedete, che s'è inchinata da dentro la gelosia e vi ha ribaciato? Che volete che le dica da vostra parte?
BALIA.... Dice ch'ora è tempo dar ordine allo inganno ordito per turbar queste nozze del capitano, però desia parlarti su questo fatto or che la madre è in letto; che entri in questo vicolo che ti parlerá da quella fenestra secreta. OLIMPIA. Balia balia! BALIA. Figlia eccomi, ferita dell'anima mia! OLIMPIA. È qui Mastica? ecci alcun per le fenestre o per la strada che mi veggia?
Che resta da far dunque? ERASTO. Quello che tu intenderai: fatti trovar qui alle due ore di notte ché ti farò veder quanto ti ho detto. E accioché l'uno e l'altro di voi si penta di quanto dice, tu di averle parlato dalla fenestra e tu d'esser stato seco al festino, vo' che siate spettatori della mia gloria e delle mie dolcezze. CAPITANO. Io non mi partirò da qui intorno.
Quanto piú dura a scoprirsi questo tuo amore tanto piú goderai. Dove ti volgi? parli meco e non m'ascolti, tu miri alla fenestra sua, non sei ancor sazio di mirarla? Su su, partiamoci. LAMPRIDIO. Or ora. MASTICA. Togliti i tuoi danari, che vo' far quanto ho detto. LAMPRIDIO. Lasciami salutarla; non la vedi per i buchi della gelosia? MASTICA. Come puoi tu veder tanto?
CARIZIA. Troppo vile e indegna è quella persona che si lascia vincere in amore; e se piacerá a Dio che siamo nostri, allora faremo contesa chi amerá piú di noi, ed io dalla mia parte non mi lasciarò avanzare da voi. Adio. DON IGNAZIO. Ecco tramontata la sfera del mio bel sole, che sola può far sereno il mio giorno. O fenestra, è sparito il tuo pregio.
GERASTO. Oh, come sei divenuta pallida! che ti duole? ESSANDRO. Oimè, il cuore! GERASTO. E come sará maritata, mariterò ancora te. ESSANDRO. Mi sento morire, mi sento uscir l'anima! GERASTO. Su, dammi i baci per la buona nuova. ESSANDRO. Partetivi, di grazia: ho sentito la padrona in fenestra, e credo ne facci la spia.
PANDOLFO. Con questo tuo ridere mi cresce la rabbia: la camera è rimasta piú netta che un specchio! PANDOLFO. Da maledetto senno! la fenestra verso levante è aperta e scassata, e dubito che di lá sieno state levate le robbe. ALBUMAZAR. Pandolfo, che avete che gridate cosí alto? PANDOLFO. Tutto l'apparecchio è stato tolto dalla camera! ALBUMAZAR. Sperate bene.
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