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Aggiornato: 21 ottobre 2025
Temo che Vicenzino si stanchi, rispose il signor Dogliani, e non sia poi in grado di venir domenica a Novara per la cerimonia; vogliamo esserci tutti; è una gran giornata domenica.... Vincenzo non rispose altro. Strinse forte la mano a tutti e due, e salì in fretta nel vagone. Vicenzino si rimetteva rapidamente.
Ma chi l'ha portata? Dove posso cercarlo? Mio Dio, dove? dove? Poi, mentre si avviava, sempre di corsa, per una strada che metteva fuor dal paese, senza sapere dove andasse, si vide venire innanzi il signor Dogliani seguito da un contadino, e l'udì gridare tutto stupito: Ho trovato quest'uomo, che dice d'aver portata una lettera di Vincenzo, che è a San Germano, all'albergo del Gallo...
Era una splendida giornata della fine di maggio quando il giovane baccelliere fece ritorno a Dogliani; una giornata tutta tepori e fragranze, come avviene per solito nei trapassi dalla primavera all'estate. Ma il nostro eroe badava assai poco alla bella giornata; l'animo suo era sordo alle liete voci della natura; invano la gran madre, a dirvela con una frase audacissima, si era infronzolita per lui. Il signor baccelliere si mostrava pensieroso, anzi peggio, stizzoso, di mala voglia; insomma, per usare una parola moderna, che risponde ad una moderna infermit
Era martedì, e la domenica seguente doveva ricevere gli ordini maggiori. Il signor Dogliani sembrava inquieto, temeva che Vincenzo non avesse tempo di prepararsi alla cerimonia, e lo esortava a tornare in seminario. Vincenzo non si fece più pregare. La mattina del mercoledì salutò con infinita tenerezza tutti i suoi, abbracciò il padre piangendo, e partì.
Più volte il signor Anselmo Dogliani aveva ricevuto delle lagnanze dai maestri per la negligenza del figlio appunto nel latino, senza il quale la carriera ecclesiastica non era possibile.
Da quel giorno il nuovo Vincenzo Dogliani, quel personaggio di cui non si poteva parlare ad alta voce, e che aveva una storia, divenne, nella immaginazione de' suoi cugini, una specie di eroe da romanzo. Lo chiamavano Vicenzino per distinguerlo dal primo Vincenzo, ed appena questi tornava dalla scuola, le sorelline, curiose di qualsiasi informazioni sul cuginetto, domandavano: E Vicenzino?
E Lei, dove è stato? domandava il signor conte, volgendo la parola al nostro Ariberti. A Dogliani; rispondeva questi, avvilito. Dogliani! Dov'è? chiedeva il conte, coll'aria di chi non si raccapezza. Dalle parti di Mondovì? Sì, verso le inospiti Langhe; soggiungeva un altro della brigata. E via, non disprezziamo tanto i nostri paesi; interruppe il Ferrero.
Per fortuna l'Euterpe veniva ogni settimana a salutarlo in Dogliani, e sull'Euterpe c'erano indicazioni di compagnie drammatiche a bizzeffe. Trovò in questa guisa il capocomico di suo gusto, che recitava in quel torno a Genova, e gli spedì il manoscritto dicendogli nella lettera, che glielo avrebbe potuto dare per ottocento lire, nè più, nè meno; o prendere, o lasciare.
Tutti e due i nomi! Vincenzo Dogliani! Ma le bambine avevano ben altro da fare pel momento che dargli retta. La Laura prendeva ad uno ad uno gli agnellotti, e li disponeva giro giro sulla tafferia. La Maria, un po' più piccina, che poteva avere sette anni, raccoglieva i ritagli di pasta man mano che la cuoca li staccava, e li passava all'Elena, la sorella maggiore, gi
Le altre pareti erano occupate, una dal camino colla rispettiva cassina per la legna, l'altra da una scrivania sulla quale i ragazzi facevano i compiti di scuola, quando il signor Dogliani non ci sedeva lui col suo librone dei conti. Il signor Dogliani era un uomo sulla cinquantina, taciturno, spesso accigliato, un po' scontroso.
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