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Oh! ma il disegno di questo scialle incarna un poema fatato di Saadi! sclamò la signora Augusta, palpando uno sciallo dell'Indie di una bellezza incomparabile. Si portavano ancor scialli a quell'epoca. La degradazione di gusto nelle donne li

Niccolò Conti veneto, in una sua relazione appresso il Ramusio , vuole che in certe parti dell'Indie si usino in luogo di moneta certe carte sopra le quali è scritto il nome del re, che sono forse le stesse che narra Marco Polo, come sopra dicemmo; ed aggiunge che queste nel Cataio ogn'anno si riportano alla zecca per farle rinnovare, con pagar due per cento, e le vecchie si gettano subito sul fuoco.

Giosafat Barbaro e Ambrogio Contarini narrano nei loro viaggi, che fino dai più remoti tempi le merci dell'Indie e quelle dell'interno dell'Asia navigavano pel fiume Indo fino all'antica Battriana, donde trasportate per terra con cammelli in sette giorni, nell'Icaro che sbocca nell'Oxo, si versavano nel mar Caspio, attraversando i ricchissimi mercati di Samarcanda e Buccara.

La cuoca era una giovane tra i quindici e i sedici anni, bruna di capelli come una Rebecca, grassoccia e di forme ben complesse: nella treccia accuratamente pettinata stavale confitto uno spillo con manico di rame dorato, spillo per altro che per le sue dimensioni e per la sua lama poteva piuttosto convenientemente appellarsi un pugnale; il collo e le braccia, nudi, avevano collane e braccialetti di grosso corallo rosso. La fanciulla copriva le spalle con una pezzuola di seta gialla a fiori, di quelle allora dette dell'Indie; aveva un busto ricamato a rabeschi, la gonnella corta, il grembiule di seta rosso, due scarpette che facevano un piedino d'incanto: essa aveva nome Concetta. Accanto al camino si vedeva un giovane di bassa statura, di faccia bronzina, con capelli crespi come quelli dei Mori, con largo petto e di atletica forma; costui aveva una di quelle facce che ti atterriscono al primo guardarle; al suo abbigliamento totalmente marinaresco si ravvisava, senza domandargliene, la sua professione. Ei sedeva su di una rozza panca di legno, aveva le mani incrocicchiate sul petto, stendeva sbadatamente le gambe in avanti e teneva una pipa in bocca dalla quale partivano grosse nuvole di fumo di un tabacco così acuto e forte da far venire (specialmente in quel luogo, che non aveva altro sbocco di aria tranne i camini e la porta) a chi men robusto dei clienti dell'oste dei Tre Mori una congestione cerebrale. Il nostro giovinotto sembrava dover essere in molta buona grazia della giovane cuciniera, giacchè per vezzo talvolta procurava di porre un piede fra mezzo a quelli di lei, come per farla cadere a terra quando si moveva dal camino; e talvolta la immergeva in una nube di fumo che le scaricava sul viso: e la fanciulla corrispondeva a tali amorosi scherzi col toccare il marinaro con le molle uscite dal fuoco o con gettargli nella pipa gli spruzzi del brodo del dentice. Onesti passatempi, che l'oste, padre della fanciulla, non vedeva, che la madre di lei approvava, e di cui il resto degli ospiti rideva. Nella serata di cui narriamo, la taverna conteneva proprio persone direi quasi di famiglia, cioè intimi di essa. Vi era cena e cena frugale; volevasi da costoro festeggiare il carnevale, ma non festeggiarlo in maschera; festeggiarlo col rhum, col ginepro di Olanda, col vino e con una buona mangiata. Gli ospiti che attendevano fosse preparata la mensa erano cinque, senza il giovane che accennammo, senza l'oste, sua moglie, e la figlia; e quei cinque col