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Aggiornato: 7 giugno 2025
«Nella breve ora della sua agonia, mentre al capezzale io disfogava in lagrime il dolore dell'imminente perdita, la moribonda dopo d'avermi dato quei saggi consigli che l'esperienza le suggeriva, mi disse con voce solenne: « Datti pace, figlia mia, poichè se la morte inesorabile ti toglie la madre, ti rimane però sempre il padre tuo, che t'ama tanto.
Raimondo si rivolse a me, quasi timoroso d'avermi offeso; ma come vide che il mio volto gli parlava più la compassione che il rammarico, sorrise ancora tristamente e si ricacciò nella sua tetraggine. Lasciai quella casa sventurata coll'anima inquieta ed abbattuta. Nello scendere le scale m'incontrai in una bambina guidata per mano da una vecchierella.
Esso cercava di me, mi raggiunse poco dopo, e non potendo frenare la sua letizia mi saltò addosso leccandomi le mani, e mugolando con acuti guaiti che esprimevano il dolore d'avermi smarrito, e la gioia immensa d'avermi finalmente ritrovato. Confesso la mia debolezza: la sua perdita mi aveva fortemente attristato, il suo ritorno mi consolava come una felice ventura.
Cosí scrivevo lo scorso inverno. E mi sembra inutile mutare. La storia, e specie la storia greca, va oggi soggetta a troppo rapide metamorfosi. Gli Avvenimenti, Anno 1915, N. 4, 8, 11, 15 Anno 1916, N. 5, 6, 25, 46, 49. Qui un filologhetto italiano presume d'avermi colto in fallo, perché in seguito io elogio studiosi tedeschi di dopo il '70 e ne biasimo altri anteriori.
Carolina, le diceva tra i singhiozzi, non vi ricordate dunque più d'avermi voluto bene ed assicurato tante volte che non vedevate l'ora di diventare mia sposa? Ella non rispose subito; indi: Che cosa ho da farci? Allora io non sapevo... Che cosa siete diventata dunque? l'interruppi io, qualche dama?
L'estrema pallidezza del volto, che forse al cavadenti era apparsa un po' lugubre, rendevala ai miei occhi più interessante. L'ebbi appena veduta e tosto ringraziai il buon Francescano d'avermi fatto rinunziare alle mie idee di perpetuo celibato. Il demonio aveva ottenuta piena vittoria. Io non osava parlare. Che dirle?
D i passo in passo mi volgeva a drieto, E rrando e qua e lá come stordito. S tettesi la malvagia su duo piedi T utta minace in vista e neghittosa. R esto ancor io nel folto d'una macchia, V edendo lei ma non da lei veduto. C essò dunque la vecchia scellerata T ener piú via d'avermi allor nel griffo; O nde, quindi partita, io mi discopro R itornando a veder ov'è Galanta.
Dopo aver meditato a lungo e arrossito parecchie volte, finalmente si decide e, a piccoli passi fatti con cautela straordinaria, quasi camminasse sulle ova, si accosta al primo banco e siede vicino a me, non prima d'avermi detto, con fare cerimonioso: Scusi tanto: posso sedere a questo posto? Se non hai male alle reni, si, figlio mio! gli risponde con paterna e incoraggiante bonomia.
Il Governo mi teme perché sa che io non temo di lui come glielo provai in tanti incontri. Il governo mi teme perché sa d'avermi vigliaccamente ingannato e tradito e s'io ritorno alla testa de' miei coraggiosi compagni egli sa che gli farò pagar caro la sua malafede ed i suoi tradimenti.
Egli sedette al mio tavolino esprimendo il piacere d'avermi incontrato. Io lo guardava con intensit
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