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La fanciulla sussultò e corse dalla zia; quando entrò, la signora Montoni pareva svenuta: era quieta e insensibile. Emilia, con un coraggio che non cedeva al dolore allorchè il dovere richiedeva la sua attivit

²⁵¹ Quando alcuni anni fa, il 4 Settembre 1899, il Cardinal Celesia volle recarsi al Santuario della Patrona di Palermo, la portantina venne apprestata dalle nobili suore del Monastero di S. Caterina. Vedi Sicilia Cattolica, 5 Settembre, 1899. Nella portantina comune o da nolo l’ornamento mancava del tutto. Lo scintillio delle dorature cedeva al nero della pelle rasa.

Ma bisogna pure una volta o l'altra rassegnarsi a partire. Pur troppo!... conchiudeva con un sospiro, e alzando gli occhi al cielo. Poi mi supplicava con tanta grazia di concederle ancora qualche giorno, che non era possibile resistere. Sua madre, che era la prima vittima di tale sacrifizio, diventava il suo avvocato patrocinante, ed io cedeva, sempre rassegnato ad aspettare senza limiti.

Però non cessava dalle preci l'esule timorosa; e se tacea, era il suo silenzio più eloquente degli accenti, era un sospirare dolente, un riguardare pieno d'affetto, una mestizia che annebbiava i suoi vezzi e li rendea più vaghi, come lo spruzzo della rugiada sulla rosa del mattino; le bagnavano le lagrime copiose il viso e risplendea più bello come estivo sole dietro il velo di una minuta pioggia. Ma qual robusta quercia allo spirare d'aura leggiera, piega i mobili rami e non si commove nella radice, era intenerito l'eroe, ma non cedeva alle molli blandizie di Bianca: il chiamavano le trombe e l'impero del padre, e gi

Il suo volto era veramente illuminato a giorno, ed i suoi occhi mandavano bagliori. Pensavo che egli cedeva con troppo abbandono alla febbre della gioia, la quale è la più acre nemica della vera felicit

Don Luigi, affascinato, si dimenticava; si avvezzava senza volerlo, senza accorgersene, a carezzare col pensiero, sulla fronte bianca, sulle treccie bionde, sulle labbra rosee della bella narratrice, le malie, gl'incanti ch'ella gli suscitava colle sue parole dinanzi alla mente. Se qualche volta, sopraffatto dalle immagini lusinghiere, chiudeva gli occhi, riaprendoli trovava dinanzi a il sorriso sereno, soave di Rosilde. E, infine, sorrideva egli stesso, e, in quel momento di debolezza, egli era vinto; il suo cuore, colto alla sprovveduta, cedeva al fascino di quella bont

Insomma Augusto non poteva lavorare, non poteva, senza saperne il perchè; cedeva ad un influsso ignoto, ad una pigrizia insolita, mentre fu lestissimo a vestirsi e ad infilare l'uscio.

Ma a don Apollinare, e a molti altri che avevano viso di condottieri, l'ore cominciavano a parer lunghe. Quattro giorni di disagi, erano stati d'avanzo a fare dar giù il bollore ai loro spiriti; e la prontezza d'animo con cui s'erano mossi, cedeva un po' ogni giorno, alla stanchezza in tutti, in molti alla noia, in taluni alla paura.

Rilesse attentamente il suo scritto, lo lesse alla moglie che lo trovò un capolavoro d'eloquenza, e sentenziò che se lo zio non cedeva era proprio con un ghiacciuolo per cuore.

Era piccolo, dal viso rubizzo, e sempre allegro. Quando veniva in casa a pranzo, ed accadeva spesso, aveva sempre nelle tasche qualche cartoccio, un giocattolo o una ghiottoneria, che si divertiva a mostrarle, affermando sempre che era per un'altra bambina. Allora cominciava la solita lotta di carezze e di repulse: Tina gli saliva sulle ginocchia, gli cacciava la mano nelle tasche, l'inondava di baci strillando, ridendo, coll'irresistibile grazia dell'infanzia, finchè la mamma non le veniva in aiuto, ed egli cedeva vinto dalla tenerezza. In casa lo chiamavano il signor Gennaro. Ma la bambina si era accorta che tutto aveva cangiato dal giorno che egli era venuto. La mamma vestiva da signora, a pranzo non si levava più come prima qualche cosa per la cena: poi avevano cangiato appartamento, e vicino alla camera della mamma piena di mobili nuovi, c'era un salottino con un sof