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Aggiornato: 11 giugno 2025


Il Cresti la vide subito e corse a prenderla per mano per presentarla a Massimo, che non volle riconoscere nella grande fanciulla, che aveva davanti, la bambinella che si specchiava nei bottoni della montura. Di lei non era rimasta quasi che la gran fiamma dei capelli, diventati un vulcano.

Oh, carino!... carino!... esclamò Lalla molto contenta del regaluccio, e gli andò così vicina, nel ringraziarlo, ch'egli potè toccarle colla bocca un ricciolo di capelli.

Ma per mostrarle che sebbene in collera non cessava d'essere uno zio amoroso e sollecito, ripetè a guisa d'ammonizione suprema: Le apparenze, Teresa mia... ti raccomando di salvare le apparenze. Nella camera quasi buia, ritta davanti allo specchio, la Teresa Valdengo finiva di ravviarsi i capelli. Due volte Guido le aveva offerto di alzare un po' la tendina: ella aveva sempre risposto di no.

Io tremavo, al sentire mani unghiate di ghiaccio pettinarmi a piccoli strappi i capelli, che mi stavano ritti sulla testa! La mia Anima accanto a me, sommersi gli occhi nel sogno, borbottò, come una mendicante allucinata: Vedi? Questa bevanda ha la soavit

L'incognito aveva i capelli quasi canuti, la barba lunga e presso che bianca; l'occhio suo brillava del fuoco della gioventù. Vestiva esso di antica uniforme verde con spalline d'oro, aveva un braccio mutilato. Non tosto fu a met

Quando giunsero al catafalco Beatrice si recò lo estinto fanciullo nelle braccia, ed ella fu che con le proprie mani ve lo acconciò sopra, gli assestò i capelli, gli pose sul petto il crocifisso, e il mazzetto delle viole; poi, remosso alquanto uno dei candelabri, con la faccia declinata nel palmo della destra appoggiò il gomito sul canto della bara, tenendo sempre fisso lo sguardo sul morto.

Essa rispose con tutte le sue lacrime, che Ezio sentì cadere così spesse e così calde sul viso che, dimenticando stesso si fece a consolarla. Povera Flora disse commovendosi, mentre lasciava scorrere la mano tremante nel fitto dei folti capelli, come se cercasse con quella carezza di darle un segno dell'antica fratellanza: Ti faccio piangere troppo, povero cuore. So che mi volevi bene, povera Flora, è un castigo grosso... ma ci vorr

Al primo piano in un cucinone pulito troviamo una slava piangente impaurita che si precipita ai miei piedi. La rialzo e battendole sulla spalla dolcemente la tranquillizzo. Viso banale, pallidissimo, piccoli occhi celesti e capelli biondo sporco, tirati sulla nuca. E' di Lubiana. Ha una camicetta di velluto a righe gialle e nere, grembiule nero e gonna verde.

Dal capo vien la tigna, diceva il Luciani dal suo cantuccio; però incominciamo a perquisirle la testa: separate in prima i capelli per bene, guardate con diligenza la cotenna... voi, signora Dorotea, forbitevi gli occhiali... ve lo ripeto per la ventesima volta... voi le troverete una macchietta livida, o nera un poco più grande di una lenticchia... come sarebbe a dire un granchio secco... avete trovato?

Ella, accarezzando con la mano lieve e delicata i selvaggi capelli della mia testa indomita, mi narrava le storielle di Grecia, del nostro bel paese lontano, di cui ci pungeva il cuore la nostalgia: lei, una nostalgia piena di ricordi, me, una nostalgia fervida di speranze. Ora la mamma, i rimpianti, le speranze, tutto è sparito: ma nell'anima mi ronzano pian piano le novelle.

Parola Del Giorno

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