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Il console napoletano in Corfù, stando a' meriti noti, avrebbe dovuto ricevere accuse e rimproveri di noncuranza dal suo governo. E nondimeno, con disposizione del 18 luglio, Ferdinando II volendo ricompensarne la condotta e lo zelo spiegato in quella circostanza, conferì la croce di cavaliere dell'ordine regio di Francesco I a Gregorio Balsamo, console del re in Corfù.

Quella lettera fu come un po' di balsamo sul cuore esulcerato del giovine. Ma era soltanto una goccia, una misera goccia, sottratta da un mar d'amarezze. L'anima sua s'era inasprita: tutto quanto vedesse dintorno a , gli tornava molesto; si chiudeva nel profondo della sua coscienza, e vi trovava le ricordanze del passato, che gli si tramutavano tosto in veleno. Egli avrebbe voluto non vedere, non udire, non pensare, fino a quel momento supremo, nel quale aveva posto ogni sua volutt

In questa non breve malattia, Stella, buona e amorosa consolatrice, non si distaccò mai dal suo capezzale; e Damiano, ch'era sempre taciturno e tetro, lasciava sfuggir qualche volta un leggiero sorriso d'amore appena la sorella venisse a sedergli a lato, e cercasse coll'ingenua dolcezza delle sue parole spargere qualche balsamo sull'anima sua malinconica e ferita.

Così questo balsamo, che natura preparò agl'infelici, come il latte della nutrice all'egro bambino, mai non vien manco fino all'ultima ora della vita. Il frate sospirò, alzò la destra e gli occhi al cielo, e proferì: Lassù sono le speranze che non falliscono».

Mentre questi fatti di vita ordinaria si svolgevano tra noi, altri straordinarî e clamorosi ne avvenivano fuori per opera ed in persona d’un siciliano: Giuseppe Balsamo, che delle sue strepitose geste riempiva l’Europa tutta.

La figura del braccio pareva ora più grande nell’aria accesa; i raggi crepuscolari suscitavano barbagli variissimi nelle pietre preziose; il balsamo dell’incenso si spargeva rapidamente per le nari devote.

Allora, stanco anch'io Dei furbi e dei cretini, Mi sentirò il desìo, Il santo ardor di più vasti confini! Stringerò nella mano Un nodoso bastone, E me ne andrò lontano Un balsamo a cercar, l'oblivïone... Andrò verso l'Oriente, Col sole sulla fronte, Guardando avidamente La linea circolar dell'orizzonte. E bacierò le siepi E i fiori per la via, E cercherò i presèpi Ove deporre la stanchezza mia.

E della fantasia il mesto volo, E il caldo irrompere Dei desideri immensi e trionfanti Dal cielo giunti in amoroso stuolo: E tra le varie note de' suoi canti La dolce ed unica Nota che torna sempre inesorata, Fra l'acre gaudio dei soppressi pianti E il balsamo dell'alma innamorata, E allor la fulgida Dama un sol bacio gli porrìa sulli occhi Ed ei con l'alma lieta ed affannata

Che balsamo avrebbe recato alla sua acerba ferita! Ci sono anche le lontananze utili, quelle che i francesi dicono con modo felicissimo les absences heureuses. Son quelli, per così dire, gli sprazzi d'acqua fredda che ravvivano una fiamma vicina ad estinguersi.

Quanto a me, Dio mi ha fatto ritrovare la mia Esmeralda, son marito, son padre; ciò versa un balsamo di calma nel fervido mio cuore. Non me ne starò per altro, se un'aura benefica disperde e dissipa le tenebre del nostro orizzonte. Ed io voglio pugnare per un suolo non mio, se pel mio nol posso; almeno snuderò un acciaro per la medesima causa: ovunque vedo oppressi, io ritrovo fratelli.