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Lidia sospirò, passandosi la mano dietro la nuca a lisciarsi dei capelli che supponeva scomposti; ma come non si decideva a togliersi dalla sua positura, me le avvicinai, le tenni le mani per l'estremit

Allora rimasi a lungo ritta nel mezzo della stanza, colle dita intrecciate dietro il dorso, immobile. Non so se mi parve solamente o se davvero qualche cosa di lieve battè intanto contro i vetri. Mi avvicinai alla finestra e l'apersi. Il tempo era sempre minaccioso; mi sporsi fuori sul davanzale guardando giù nel giardino.

«Lasciai, la sera stessa, un biglietto dal portiere del conte, e il domani, alle sette, insieme col barone Narconi, passai da casa sua. Fummo introdotti in una sala di studio e il domestico passò ad annunziarci. Aspettammo, aspettammo: non veniva nessuno. Ci guardavamo l'un l'altro, non sapendo che cosa pensare. Ad un orologio vicino suonarono le sette e un quarto. E non veniva nessuno. È difficile farsi un'idea dell'imbarazzo in cui lo stranissimo caso ci metteva. Bisognava prendere una risoluzione mi avvicinai ad un bottone di campanello elettrico e suonai. Lo stesso domestico riapparve. «Avete annunziata la nostra visita?» «Immediatamente.» «Il signor conte è levato?» «Signor .» «Allora, ripassate a dirgli che non c'è tempo da perdere....» Dopo qualche minuto, la porta si schiuse, ed il conte apparve. Si avanzò, lentamente, e con un tono di cerimonia, come dinanzi a degli sconosciuti, ci disse: «In che cosa posso servirli?...» Non mi perdo in commenti da darvi un'idea della nostra stupefazione, più che stupefazione, cominciava ad essere sdegno. «Ma, scusi, iersera io le scrissi che lo scontro sarebbe avvenuto stamani alle 8!» «Ahfece egli, e pareva cascasse dalle nuvole! Aveva ancora gli stessi abiti della sera, era evidente che tutta la notte non si era svestito. «Tutto è pronto disse il barone e sono gi

Alla sera dopo cena mi consegnò il libro; io la ringraziai caldamente, e salii tutto contento nella mia stanza. Appena entrato mi avvicinai al lume per guardare il frontispizio del volume, e ne rimasi sorpreso e pensieroso. Era sincerit

Quel giorno io me stavo accovacciato presso la bussola, studiando le oscillazioni dell'ago magnetico, quando mi scosse un gaio vociar della ciurma. Mi avvicinai ad un crocchio di mozzi; costoro guardavano in alto qualcosa che destava la loro curiosit

La fanciulla afferrò il mio sguardo, arrossì, e rise lievemente. Questa paura! continuai. Non t'ha lasciata riposare? Ma di che cosa hai paura? Di me? Le presi la testa fra le mani e l'obbligai a guardarmi; i suoi occhi azzurri continuavano a ridere piacevolmente, ch'io li avvicinai e li baciai senza aspettare la risposta. Finalmente, le labbra di Lidia si mossero a restituirmi il bacio.

Mi avvicinai a una parete, fissai gli occhi sul punto estremo d'un arabesco e provai a seguirne i giri e i rigiri su per la parete; è impossibile; lo sguardo si perde, la mente si turba, e tutti gli arabeschi dal pavimento alla vòlta par che si muovano e si confondano per farvi sfuggire il filo della loro inestricabile rete.

Discesi lentamente sul prato e mi fermai a pochi passi da lei. Essa mi guardò daccapo, rispose sorridendo al mio saluto e tornò a lavorare in silenzio. Io non sapevo ancor leggere le tacite parole avvolte ne' suoi sorrisi; mi parve tuttavia che quella fosse pungente. Mi avvicinai, e si parlò un poco della chiesa longobarda ch'ella stava disegnando.

Avvicinai la barca in modo che fra essa e il muro del terrazzo non vi fosse più spazio acqua. Gettamelo, dissi ridendo. Sei buona? Il foglietto giallo si librò un istante nell'aria, e mi cadde ai piedi con maravigliosa perspicacia. Lo aprii e lessi: « Laura morta ieri. Funerali domattina alle dieci. Gian Luigi. »

La contessa sorrise sdegnosamente e si levò di tavola; il conte fu di un salto fra lei e l’uscio come per impedirle di uscire. Era imminente qualche violenza che prevedevo orribile. Senza esitare mi avvicinai al conte e gli dissi: