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Aggiornato: 25 giugno 2025


Vignarolo, di' a Sulpizia che cali giú li addobbamenti di damasco con quelle trine d'oro e tutti gli argenti miei, e che sgombri la camera e l'adorni tutta; e torna volando. VIGNAROLO. Cosí farò. PANDOLFO. O felice me, o benedetto astrologo! eccomi giunto a quanto mai ho desiderato: posseder Artemisia per isposa. Cancaro! se ci dovesse andar la vita.

Lo farò, , son risoluto. PANDOLFO. Sei risoluto? VIGNAROLO. Risolutissimo; ma avvertite che vuo' che mi promettiate far un altro piacere anco a me quando sarò in casa di Guglielmo. PANDOLFO. Ed a chi ho da mostrarmi cortese e amorevole se non a te che con ogni obbedienza dimostri servirmi, massime se per tuo mezzo conseguirò la mia Artemisia?

ARTEMISIA. Ed il peggio è che volendo maritarci ci voglian dar marito a lor gusto, o per loro particolari interessi darci per marito uno, col quale abbiamo a vivere fino alla morte, contro la nostra volontá, con dir che avendoci vestite di queste membra è forza che siamo ubidienti.

EUGENIO. Eccoli; e date a me i vostri in ricompensa, acciò io senta quella medesima dolcezza de' vostri, che voi dite sentir de' miei. ARTEMISIA. Eccoli: e piaccia a' cieli che come abbiamo scambiati i guanti, cosí abbiamo scambiati i cuori, che come il mio è fatto suo, cosí il suo sia fatto mio. CRICCA. Finiamola, signor Eugenio, andiamo via. EUGENIO. Ahi, che dura dipartita!

Vorrei che vi valeste di quei consigli con li quali consigliate gli amici vostri. PANDOLFO. «Sempre fu grand'abondanza di consiglieri e carestia d'aiuti». Vorrei piú tosto che mi escusasti che reprendesti: vo' aiuto e non consiglio. Se vuoi consigliarmi, ammazzami e finiscila presto: tanto è possibile lasciare questo capriccio quanto me stesso. In somma Artemisia....

Vi bacio le mani; e perché io non posso baciarvi le mani, vi cerco un favore. EUGENIO. Eccomi prontissimo a servirvi. ARTEMISIA. Che mi doniate i vostri guanti; ché baciando quelli mi parrá di baciare le vostre mani, e vestendone le mie mani parrammi che tenga strette le vostre mani.

LELIO. Padre, che abbiate stimato Pandolfo cosí vecchio meritevole marito di vostra figlia, nol debbo lo posso credere; ma perché dite che foste di tal parere, sarei di parer io che si desse ad Eugenio suo figlio, che ne è piú meritevole assai. GUGLIELMO. Figlio, fa' di Artemisia quello che ti piace, ché io in nulla ti sarò contrario.

Persuader a Pandolfo lasciar Artemisia è un giuocare a perdere; e si verrá seco a termini fastidiosi, perché è cosí pazzo che manca poco a trar sassi.

VIGNAROLO. Se non lo dico, potrebbe essere che mi facesse una postema nel corpo e mi crepasse. CRICCA. Ma pure.... VIGNAROLO. L'astrologo mi vuole transformare in Guglielmo: entrarò in casa sua, darò Artemisia per moglie al padrone e l'Armellina al vignarolo. CRICCA. Hai detto bene che fai castelli in aria che si risolveranno in fumo. Ma eglino dove sono?

CRICCA. Mi ho fatto gran meraviglia che, sendo cosí avaro, abbiate a donare una volta cinquecento scudi. PANDOLFO. S'io son avaro, son avaro per poter esser poi liberale quando bisogna; ché chi è sempre liberale, all'ultimo non ha che dare. Ma la voglia di posseder Artemisia mi avrebbe fatto dar la vita, non che la robba.

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