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A mezzanotte se ne andò sorridendo de' miei timori e ripetendo nell'accender la pipa: Io conosco, io conosco, io non vedo niente di pericolo, io non vedo niente di pericolo. Verso il mattino Violet si quietò alquanto. La signora Emma uscì di camera e venne a dirmi che miss Yves voleva assolutamente partire col primo treno possibile. Lei si sar

Mi fece grandi elogi di miss Yves che chiamava sua amica, e si burlò di me, che l'avevo creduta maritata. L'anello pareva nuziale, ma non era del tutto liscio. Ella era solamente fidanzata e non pareva affatto innamorata del suo fidanzato; suo padre era inglese, sua madre italiana; ella stessa era nata in Italia.

Le altre signore sedettero presso a noi. Era impossibile di parlare ancora; forse eravamo anche troppo agitati ambedue per poter parlare. Le mani di lei tremavano, il seno e le spalle salivano e scendevano. Ed io? Non so che aspetto avessi; avevo certo un tumulto nel cuore e una nebbia sugli occhi. Vennero ad avvertire Mrs. Yves che il signore desiderava vederla prima del pranzo.

L'indomani mattina discesi per tempo, e fui bene sorpreso di trovare nella sala di lettura Mrs. Yves che stava scrivendo. Mi stese la mano; i miei occhi la interrogarono sul suo scrivere. diss'ella con voce fioca. Sorrideva, ma era pallida pallida. Le posai accanto i miei versi in una busta chiusa, dicendo: La poesia.

Certo aveva trovate stupide o troppo ardite le mie ultime parole. Ne soffrivo e ne godevo insieme, parendomi aver veduto un poco del suo sentimento. Com'era fine, come era elevato! Adesso bisognava toglier l'equivoco subito. Mi addormentai verso la mattina, sognai che spiegavo tutto a Mrs. Yves, che la dolcissima voce mormorava: lo sapevo, lo sapevo; ma che il viso era triste.

Ma poi, mentre venni parlando dello spirito di miss Yves, delle sue idee amare e tristi, del bene che avrei voluto farle ricevendone da lei molto più, il vecchio, che prima se ne stava a capo chino, mi levò gli occhi in viso che potei vedervi sorgere un vivo interesse, sparire i sospetti, ritornare la stima.

No, caro signor Topler diss'io con un certo freddo sdegno nella voce non lo creda. Ma cosa mi ha detto poco fa? ribattè iracondo. Non mi ha detto che miss Yves La respinge? E adesso vien fuori che L'ama?

Intanto era venuta l'ora della seconda distribuzione postale e mi congedai dal mio compagno, che volle ci scambiassimo le nostre carte di visita. Trasalii leggendo sulla sua: Dr. STEPHAN TOPLER. Non ero sicuro se fosse un prete o no; ma che fosse il fidanzato non era possibile! La lettera di miss Yves mi aspettava all'albergo. È la sola che non ho conservata.

Il Leopardi di miss Yves era in sala di lettura. Vi misi dentro la mia lettera. Il libro aveva un leggero profumo, il profumo delle sue mani, della sua persona, mi metteva le vertigini. Ella discese qualche minuto dopo suonato il pranzo, in una elegante toelette nera, con lunghi pendenti di turchesi che le stavano assai bene fra i crespi capelli biondi e il collo bianco, delicato. Era con Mrs.

E mi fa molto piacere di non saper dove passa questa poesia così pura, perchè è forse in un tubo assai comune. Signora diss'io allora ho paura ch'Ella non abbia bene intesa, iersera, una mia parola. Non so che parola rispose tranquilla. Non faccio mica tanta attenzione alle parole. E Lei crede che sarebbe una disgrazia se non l'avessi intesa? signora. Mrs. Yves ebbe un tocco di riso argentino.