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Aggiornato: 16 giugno 2025
Miss Yves cominciava, mi pare, con attribuire in gran parte alla sorpresa il suo turbamento della sera precedente, e parlava poscia con gratitudine delle lettere in cui le avevo aperto l'animo mio: prometteva serbarne affettuosa memoria. Non dimenticai una sola delle parole che seguivano «Vi hanno per me invincibili ragioni di non andare più oltre.
Stetti sepolto, non so per quanto tempo, nella poltrona dove si era seduta miss Yves; poi l'aspettai andando da una sala all'altra, vagando intorno all'albergo. Non so cosa si sar
Ma ora l'immagine sua viveva in me, pensava ne' miei pensieri, amava nel mio cuore, ogni giorno più intensamente, tanto che ne stupivo io stesso, dubitavo talvolta di amare una miss Yves ideale, distinta dalla vera, e provavo il bisogno, per sincerarmene, d'immaginar la cara persona, l'amor felice, perdendone quasi il lume degli occhi e il respiro.
Ne estrassi a stento che la casa vicina apparteneva ai fratelli Yves; che gli Yves erano celibi e tenevano presso di sè una nipote, la quale doveva sposarsi presto ad un tale professore Topler; che il professore Topler aveva vissuto parecchi anni a Norimberga ed insegnava attualmente nel ginnasio di Eichstätt.
Chiamarono il dottor Topler, e poichè con lui riuscirono solo a litigare in tre, chiamarono poi anche suo fratello e il signor Treuberg, appena sopraggiunti. Così rimasi solo, per un momento, con miss Yves. Ella pallidissima, si diede subito a chiamare la signora Treuberg con la sua voce soave che moriva a due passi. Violet diss'io.
M'introdussero nel salotto stesso dell'altra volta e mi dissero di aspettare la signora, che sarebbe venuta subito. Non osai domandare di miss Yves. Vi era ancora il vaso di fiori, ma senza rose, stavolta; v'erano le fotografie. Solo le sedie non erano al posto di quel giorno. Mi accostai al tavolino. Sentivo ancora il profumo de' suoi capelli, mi serravo sul petto le sue mani gelate.
Ora miss Yves era sui venticinque anni. Si era detto che, parte per la sua infermit
Passai tutto quel giorno sulle alture del Pian d'Orano ascoltando il vento, come uno stupido, e guardando le nuvole. Non pranzai a table d'hôte perchè, malgrado me stesso, gli occhi mi si empivano di lagrime ogni momento. Risolsi di procacciarmi nell'albergo ogni notizia possibile di miss Yves e poi di partire. Non per seguirla! Sentivo che non lo potevo, che non lo dovevo.
Aspettai, accarezzando la piccola lettrice. L'altra piccina avea posata la sua bambola ed era venuta a porre il capo in grembo a miss Yves. Questa mi porse il foglio e si mise pure a baciare ed accarezzare la testolina bionda. Lessi stando in piedi presso al tavolino.
Sotto il giro delle oscure selve che vestono il monte, ridevano i prati e i frumenti d'oro sull'altipiano aperto fino alla opposta cerchia di dorsi accavalcati, sfumanti nei chiarori della sera via via sino al profondo sereno dell'oriente. La B. parlava e parlava di Firenze, dove aveva passato l'inverno; io non ascoltavo, e neppure Mrs. Yves.
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