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Aggiornato: 16 giugno 2025
Yves sarebbe venuta sola perchè il marito aveva passato una cattiva notte ed era rimasto a letto. Venne infatti sola, qualche eterno minuto dopo le cinque. Aveva un elegante costume celeste, con pizzi neri al collo o al seno, collana e pendenti di monetine romane d'oro. Il collo non m'era parso mai tanto puro di forma e di candore, il viso tanto delicato. Teneva in mano il volume di Leopardi.
Il nome non mi era nuovo; mi sembrava averlo letto il giorno prima sulla fronte di una stazione solitaria fra colli e boschi, e fors'anche udito dai miei amici di Monaco. Uscii nella strada assai soddisfatto di questo primo raggio di luce. Pioveva ancora, nessuna finestra della casa Yves si era aperta. Pensai di ritornare all'albergo e di cercare Eichstätt nel mio Baedeker.
L'uscio dell'anticamera si aperse; Violet ebbe appena il tempo di ritirare la mano, ed il signor Treuberg entrò. Sua moglie era presso un'amica malata e faceva avvertire miss Yves che non avrebbe potuto rientrare prima di notte.
Stava ella forse scrivendo a me? Chiesi a una donna, che attingeva acqua alla fontana nella sua gerla di metallo, se quella fosse la casa Yves. Non lo sapeva. La pioggia cadeva ora più fitta e tutte le finestre restavano chiuse. Passai e ripassai davanti alla casa, non sapendo se fosse bene o male di farmi vedere da Violet, non potendo staccarmi dal posto.
Non dubitavo che miss Yves l'avesse visitato. Interrogai il custode, ma non ne potei spremer niente. Gliela descrissi, lo pregai di fare attenzione ai visitatori, caso che la signorina ci capitasse. Mi pareva probabile che volesse rivedere la pietra di Shelley prima di partire per la Germania.
Così ci separammo senz'alcun segno d'amicizia; pure nel cuore eravamo più legati di prima. Scrissi subito a Violet: «Ho parlato al dottor Topler, in questo momento. Gli ho detto che amo miss Yves, che ella mi ama e mi respinge, che Dio me la conceder
Quella sera miss Yves non discese più. All'alba dell'indomani udii due carrozze fermarsi davanti all'albergo. Mi balenò un sospetto, balzai alla finestra. Vidi una carrozzella e una carrettina; presso quest'ultima una catasta di bagagli che i facchini stavano gi
La cameriera mi rispose che tutta la famiglia era uscita, che c'era in casa soltanto la signorina Yves. Mi balzò il cuore. Provai una sensazione di sgomento e di riverenza, di gratitudine violenta verso Dio quasi come quando rifeci il sogno memorabile, come quando, a Belvedere, intesi per la prima volta la dolce voce. Allora risposi vedrò miss Yves.
Qualche cosa d'indefinibile nell'aspetto, nei modi di lei, l'anello, i pendenti di piccoli brillanti, mi lasciavano poca speranza che fosse libera. Aveva dimenticato lì il suo libro. Vidi con molta meraviglia le poesie di Leopardi. Sul frontespizio era scritto per isbieco questo nome: Violet Yves
Riconobbi subito miss Yves. Rimasi alla finestra, istupidito, guardando come se fosse una partenza ordinaria, del tutto indifferente a me. Non credo però che avrei potuto muovermi, nè parlare. Miss Yves fece salire in carrozza suo zio, l'avviluppò bene in iscialli e mantelli, poi scomparve un momento fra gli ippocastani.
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