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Certo aveva trovate stupide o troppo ardite le mie ultime parole. Ne soffrivo e ne godevo insieme, parendomi aver veduto un poco del suo sentimento. Com'era fine, come era elevato! Adesso bisognava toglier l'equivoco subito. Mi addormentai verso la mattina, sognai che spiegavo tutto a Mrs. Yves, che la dolcissima voce mormorava: lo sapevo, lo sapevo; ma che il viso era triste.

Ritirato nella mia stanza, mi gettai sul canapè, piansi dirottamente, e mi addormentai oppresso dalla stanchezza. Mio zio ebbe la delicatezza di non ritornare a parlarmi de' suoi progetti, de' miei amori, lasciando al tempo ed alla riflessione l'incarico di accomodare ogni cosa. Intanto io passava giorni malinconici e notti irrequiete, rotolandomi nel letto senza trovare riposo.

"So che mi son svegliato con pesanti catene "Ai polsi e alle caviglie. Me ne ricordo bene! "Non un raggio di luce! Un fetore di morte "Mi saliva alle nari. Le catene eran corte. "Mi addormentai di nuovo. E d'essere un mastino "Sognai. Fui risvegliato sul fare del mattino "Da un uomo lungo e pallido. Io gli chiesi chi fosse.

Mi addormentai, seguitando ad almanaccare nel sogno; mi destai la mattina scontento di me, ma niente pentito di aver scritta la mia letteraccia. Su quel punto ero fermo, e più inviperito che mai. Erano le otto, ed io stavo misurando per la centesima volta i nove palmi di spazio libero della mia camera da letto, quando mi venne davanti Filippo.

Giunsi a comprendere in tanto baccano che il funebre trasporto era stato imponentissimo e che Canzio aveva proferito generose e ben degne parole sulla tomba del figlio prediletto della democrazia Torinese. Dopo aver rimesso un polmone, o poco meno, per mandar via di camera tutti quegli indiavolati mi addormentai saporitamente... Con poche ore di riguardo e di calma il mio male era passato.

Una mi raccontava naso a naso tutte le canagliate austriache senza dimenticarne una. Forse mi addormentai per mezz'ora, due o tre volte. Mi scoteva, dovevo ascoltarla. Alla mia destra c'era una bella ragazzotta alquanto polputa. Indago. Esploro, ride. Incomincia il gioco del solletico. Nel buio le donne anziane sbuffano, discutono, complottano contro di me; ma le giovani mi difendono.

A mezzanotte ci lasciammo con un lunghissimo tenerissimo bacio sulla soglia della casa della zia. All'alba riparto per Roma e Firenze. Mi addormentai. Risvegliandomi nella stazione di Roma vidi e sentii il mio cuore come un panno bagnato di lagrime torto fra le mani brutali da una lavandaia sudanese muscolosissima. Cuore gualcito, ma lavato, pulitissimo. Cuore fresco di bucato.

La tempesta di Rubinstein, il rondò dell'Oberon, il duetto del secondo atto del Lohengrïn. Per protezione speciale di santa Cecilia non mi addormentai di nuovo. Stetti sopportando pazientemente quel supplizio acustico, e poi andandole dietro la sedia e togliendole le mani dalla tastiera le susurrai: Ora basta di germanizzare, Fulvia. Siamo un poco italiani. No, mi rispose senza voltarsi.

Al tocco ci demmo la buona notte. Dopo sedici ore di sella, e digiuno, mi addormentai sul sof

Balzai nel mezzo della stanza e nello stesso tempo... diedi in uno scroscio di risa. Il berretto rotolò per terra, e il più leggiadro topolino del mondo mi passò tra le gambe. Ecco uno, pensai, ricacciandomi fra le coltri, uno che ha avuto più paura di me. E spento il lume, e mormorato come il bramino: Tutto non è che ombra vana! mi addormentai per non risvegliarmi che a mattino inoltrato.