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O cieli, o stelle, o mondo iniquo, o fortuna disleale! ma perché debbo dolermi del cielo e delle stelle, del mondo e della fortuna, se non di me stesso che son stato ministro del mio male? ché una cosa di tanta importanza non dovevo commettere in mano di un furfante, villano, ignorante, traditore. Conosco l'errore quando non ho piú rimedio: non mi è altro restato di conforto che la vendetta.

«Ed allora pensavo seriamente a quella confessione. La dovevo io realmente? Non avevo ricusato di sposare Max per evitarla? Ed ora perchè la farei? Max non era che un amico per me. «, ma un amico che ero andata a vedere segretamente; un amico da cui aspettavo una lettera con tutta l'ansiet

Se me lo tenevo sospeso con le mani, dovevo abbandonarlo non appena mi dolevano le braccia. E se me lo ammucchiavo sulla spalla o sul braccio sinistro, sentivo subito il bisogno di levarmelo. «Erano dei quintali che mi indemoniavano. Non era che in terra, seduto sulla pietra, incatenato al grande anello di ferro confitto nel rialzo del granito della cella, che potevo trovare un po' di quiete.

Smettete i paroloni! replicò il Bardineto. Non vi ho amata mai; orbene, , questo è il mio torto, di non averlo detto prima! È anche vostra colpa di non averlo indovinato, di esservi abbandonata nelle mie braccia come una femmina sciocca. Maledizione, maledizione per voi e per me! dovevo io imbattermi in due donne, l'una così superba e l'altra così debole?

Allora il capitano è montato su tutte le furie; n'ha fatto una partaccia; m'ha detto che io non dovevo mettere innanzi un affare senza aver preso prima le debite informazioni sulle persone, questo è proibito dagli statuti della banda; la passavo liscia perchè egli mi conosceva da tanto tempo. Si figuri!

Quella sera venni come portato da una tempesta e Le dissi tutto, le raccontai il sogno con tale accesa fede nella sua origine sovrannaturale, nel suo senso profetico, che Lei mi credette minacciato di follia. Mi disse che non stavo ancora bene, che avevo bisogno di quiete morale, che dovevo svagarmi, viaggiare un poco, e non scrivere troppe lettere.

O pure dovevo partire all'improvviso, senza avvertirla, lasciandole in una lettera la mia confessione? Qual era il modo preferibile per rendere meno grave a me lo sforzo e meno cruda in lei la sorpresa?

Non potrei dire che mio cugino somigliasse al signor *, molto più che mio cugino era giovane e bello e il signor * aveva i capelli bianchi e le guancie infossate, ma pure se c'era un paragone possibile io dovevo risalire fino a lui e ricordarmi la profondit

"No, non dovevo lasciarla, non dovevo consentire ad andarmene così. Certo, quando mia madre si sar

Egli non mostrò curarsi molto delle altre signore che lo festeggiavano e andò diritto a stringere la mano di miss Yves. Violet era accesa in viso; i suoi dolci occhi non potean dirsi scintillanti, ma pur lucevano d'inusata luce. Il dott. Topler le sedette accanto e una bionda giovinetta della compagnia esclamò, battendo le mani, con una vocina brillante di riso: Oh prego, prego, bitte, bitte, guardate Violet! Vidi miss Yves arrossire ancor più e fare un atto d'impazienza, di rimprovero; udii il Topler prendersi beatamente, scherzando, tutto il merito di quei rossori, Violet disse certo alla sua giovane amica una parola acerba che non intesi, perchè la biondina fece un visetto mortificato e tutti tacquero. Io continuavo a camminare con un tal bollimento interno! Il dott. Topler alzò gli occhi, mi riconobbe e venne a me salutandomi in latino a braccia distese, come un vecchio amico. Diedi un'occhiata a Violet; ci fissava, pallida per la sorpresa. Gli altri pure ci guardavano curiosamente. Topler mi domandò se andassi a Monaco. Risposi ben chiaro e forte che non andavo a Monaco ma ad Eichstätt. Esclamazioni del signor Topler, Allora viaggiamo insieme! diss'egli. Misere cupis abire! Dobbiamo viaggiare insieme! E mi raccontò che andava ad Eichstätt anche lui con altri amici. Poi mi voltò le spalle e corse tentennando sulla sua mazza e il suo ombrello a edificar gli amici sul conto mio. Il giorno prima non avevo mancato di sfoggiar quanto latino e quanta letteratura tedesca avevo in testa e m'ero fatto di lui un ammiratore; adesso intesi da' suoi gesti che stava raccontando a miss Yves grandi cose di me. Miss Yves avea fatto un viso gelido, pareva ascoltarlo appena. Al momento della partenza l'altro signore le offerse il braccio, le tre dame o damigelle si avviarono insieme e Topler volle venire con me. Mi disse che dovevo assolutamente stare con lui, che aveva tante cose a domandarmi sull'Italia dove intendeva recarsi, per la terza volta, fra poco. Insomma mi trovai, senza la menoma indiscrezione da parte mia, in una stessa carrozza con miss Yves che era turbata quanto me, non volgeva mai il viso dalla mia parte. Pigliammo posto il più lontano possibile l'uno dall'altro. Le due amiche si guardavano sorridendo e poi guardavano me, come scusandosi per gli eccentrici modi del loro Schwabe. Mi dicevano con gli occhi: che ne penser