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Presa questa risoluzione, ella passeggiò con le mani sulla tastiera ingiallita e suonò lentamente la «Serenata» di Schubert, che le spezzava sempre il cuore, e che in quell'occasione le fece piover dagli occhi lagrime abbondanti. Pareva l'addio alla fanciulla lontana, che nel frattempo viaggiava, viaggiava, verso un destino crudele, verso una citt

Fu un lampo, come potete immaginarvi facilmente; ma per quel lampo la fanciulla arrossì, ed egli si sentì correre una vampa alla fronte. Fiordispina aveva posate nuovamente le sue belle mani sulla tastiera del pianoforte, ed arpeggiava sommessamente. Gino le chiese un'aria della Sonnambula; ma cambiò subito opinione, e chiese in quella vece un'aria del Pirata.

Essa sorrise, e subito sedette davanti alla tastiera. E cantò. Cantò per me. Tutta la dolcezza e tutto il fervore che Dio le aveva versato nella divina voce, essa lo mise nel suo canto per me, sconosciuta, che non vedrebbe mai più, venuta da chi sa dove, a domandarle la carit

Lo trovò una sera in quest'ultima fase, completamente abbattuto. Se ne stava al cembalo con la testa tra le mani ed i gomiti appoggiati alla tastiera in un'attitudine d'istupidimento morale. Non si mosse punto udendo qualcuno entrare, e non fu che dopo aver fatto uso alternativamente delle preghiere e delle minaccie, come si fa coi fanciulli, che si potè udire il suono della sua voce.

Prima di coricarsi, ella si assise al cembalo magnetico e scorrendo colle dita sovra la tastiera di avorio, parlò alla sorella d'amore. Vegli, o Speranza? Veglio. Finalmente le rose diedero fragranza, ma le spine sono cresciute. Narrami la storia del tuo cuore io chino l'orecchio sul cembalo per udire il melodioso canto della vergine innamorata.

Non si moveva, non pronunziava una sillaba e sembrava una bianca statua di Dea, che attenda immobile un Pigmalione che la desti. Ad un tratto, in quel grande silenzio, arrivò una nota squillante e vibrata, come se una mano decisa si fosse posata sopra una tastiera lontana: Clelia si scosse, aprì gli occhi, stette un istante in ascolto, poi dirigendosi a Giorgio, gli disse a voce bassa: Eccola.

»All'urto del mobile io mi riscossi...compresi il pericolo della situazione...mi svincolai dalle braccia di Adolfo e balzai dalla tastiera sulla quale inavvertitamente mi era seduta!... Noi fummo in tempo, prima che mia madre rientrasse, di riparare all'immenso disordine... »Quando la buona donna si affacciò alla porta della sala, Adolfo ripigliava il meco tu vieni

La tempesta di Rubinstein, il rondò dell'Oberon, il duetto del secondo atto del Lohengrïn. Per protezione speciale di santa Cecilia non mi addormentai di nuovo. Stetti sopportando pazientemente quel supplizio acustico, e poi andandole dietro la sedia e togliendole le mani dalla tastiera le susurrai: Ora basta di germanizzare, Fulvia. Siamo un poco italiani. No, mi rispose senza voltarsi.

«All'improvviso si ritrasse, afferrò il vaso delle rose che era sul pianoforte, il vaso delle rose donde il innanzi erano caduti petali rossi su la tastiera logora, e lo scagliò con violenza contro il ritratto.

E mentre gli agenti del tiranno, venuti ad assicurarsi de visu, non sono ancora a Paullo? Per fortuna, sono lontani quanto basta, per non sentir più la voce del pianoforte. Hai capito, Fiordispina? disse la signora Angelica. Ti si domanda di suonare. Fiordispina era di buonissimo umore. Corse alla tastiera e attaccò l'andante maestoso del bellissimo inno di Goffredo Mameli.